THE MILD, Coffin Tree

Di recente si fa un gran parlare di questi Mild, fautori di una feroce miscela a base di grindcore venato di umori black e sludge, musicisti capaci di impressionare anche scafati conoscitori della scena estrema nazionale e annichilire chiunque si avvicini alla loro musica. Del resto, la loro proposta, che è qualcosa di più della semplice somma dei suoi ingredienti, suscita interesse anche fuori dall’Italia, tanto che Coffin Tree è una co-produzione che vede coinvolte anche etichette estere come Grim Reality, Hecatombe e Rip Roaring Shit Storm, oltre ad alcuni nomi sempre più sul pezzo di casa nostra.

Coffin Tree vuol dire dieci tracce furiose e caotiche, ma, al contempo, in grado di varcare i soliti confini di genere per offrire all’ascoltatore un vortice di contaminazioni e input che ne arricchiscono e ispessiscono il risultato finale. Così, a fianco dell’innegabile botta di pancia, troviamo rallentamenti e brusche deviazioni dal percorso senza per questo spezzare il flusso di energia distruttiva che la band riesce a canalizzare nel suo songwriting. Non stupisce per questo arrivare a fine corsa senza aver accusato alcun senso di monotonia o ripetitività, piuttosto resta in mente l’impressione di una formazione che vuole affrancarsi da eccessivi immobilismi e dalla fedeltà ai numi tutelari. Non aspettatevi, però, un album cervellotico o troppo concentrato su sé stesso, perché i Mild vogliono prima di tutto veicolare un senso di malessere e una rabbia esplosiva, ancor più devastante proprio perché non soggetta ad alcun limite auto-imposto. Per una volta tanto, quindi, l’hype non solo appare giustificato ma assolutamente opportuno, investe una realtà che si dimostra all’altezza della situazione e porta in dote un lavoro di cui ci si ricorderà di sicuro al momento di guardare indietro per tirare le somme annuali. Guarda caso, la band ha aperto per i Discomfort nel pre-festival del Venezia Hardcore e la cosa assume senso proprio perché si avverte in entrambi la stessa voglia di essere estremi e al contempo dotare la propria formula di una propria personalità ben definita, verrebbe da dire un quid di attitudine sperimentale che potrebbe rappresentare la cifra stilistica necessaria per lasciar traccia di sé nell’affollato panorama odierno. Promossi a pieni voti.