TERRORIZER, Caustic Attack

Ventinove anni fa usciva World Downfall. Un capolavoro. La pietra miliare del grind core. Il capostipite di un genere che nel corso degli anni ha saputo evolversi, ma che ha sempre guardato con rispetto e riverenza questo album. A distanza di ventinove anni i generi, appunto, cambiano, si trasformano: i musicisti sperimentano, cercano di trovare una loro identità. Oppure dopo ventinove anni si cerca di tornare indietro. Si tenta di tornare a casa. Alle origini. Non in senso negativo. Per esempio, si cerca di catturare la magia e l’atmosfera di un disco che ha fatto la storia. Pete Sandoval, storico batterista dei Morbid Angel e inventore di un modo di suonare e vivere la batteria in ambito estremo, ha sempre preso a cuore i Terrorizer, la sua prima band, quella con cui ha esordito con due demo tape nel 1986 e 1987 prima di creare World Downfall. Ed è proprio da qui che è voluto partire scrivendo Caustic Attack. Rifondando la band con i nuovi entrati Sam Molina, a basso e voce, e Lee Harrison – batterista e principale compositore dei Monstrosity – alla chitarra. Di nuovo da zero. Tracciando una riga dai due dischi precedenti, Dark Days Ahead del 2006 (ancora con Jesse Pintando alla chitarra) e Hordes Of Zombies del 2012, che non furono accolti positivamente dalla critica, non entusiasmando perché troppo ripetitivi e privi di mordente. Ecco, Caustic Attack sembra altro rispetto a questi ultimi due: ispirato, ricco di soluzioni che accrescono il genere (ad esempio la chitarra che ha un ispirazione prettamente death metal floridiano). Composto da quattordici canzoni, sorprende per la freschezza compositiva, l’irruenza e l’urgenza devastante che emana. Un uragano grind core costruito anche su mid tempo che chiamano a un headbanging sfrenato. Grind core che si trasforma in divagazioni death metal (“The Downtrodden”) oppure in scenari thrash metal per poi tornare ad essere se stesso (“Caustic Attack” e “Poison Gas Tsunami”). Quattordici canzoni dove gli elementi principali del genere sono ben distribuiti e mai ripetuti. Un ottimo lavoro di squadra, grazie anche alla chitarra di Lee Harrison che sa gestire momenti devastanti portando anche della strana melodia in alcuni passaggi.

Quello che colpisce, poi, è l’atmosfera che sprigiona Caustic Attack: sembra di essere tornati al 1989, sembra il seguito di World Downfall, magari costruito con un po’ di mestiere ed esperienza, ma l’ispirazione è la stessa, la voglia di suonare estremi pure. Un giusta continuazione anche se è arrivata con ventinove anni di ritardo. Dopo molto tempo Pete Sandoval ha trovato la dimensione giusta per i Terrorizer. Questo Caustic Attack è un primo tassello.