TAXI KEBAB, Visions Al 2ard

Taxi Kebab, il duo incendiario composto dalla musicista marocchina Leïla Jiqqir (voce, chitarra, virtuosa del bouzuki) e dal musicista francese di Nancy Romain Henry all’elettronica, dà vita a una miscela esplosiva fatta di electropunk, musica tradizionale del Maghreb, krautrock ipnotico, techno ma soprattutto di tanto talento e visione originale.

Reduci dal grande successo ottenuto da pubblico e critica all’ultimo Festival WOMAD (che si è tenuto in luglio a Charlton Park, 150 km da Londra), i Taxi Kebab pubblicano questo ep di debutto prodotto da Rubin Steiner per Real World, l’etichetta fondata da Peter Gabriel, che per prima ha intuito le enormi potenzialità della coppia.

Lea e Romain, se non fossero così vitali e sexy, sembrerebbero una reincarnazione in chiave nord-africana dei mitici/mistici, oscuri Suicide di Alan Vega e Martin Rev, d’altronde una certa dose di sano, sanissimo nichilismo sonoro pervade comunque la loro musica, a partire dall’incipit, la sontuosa “Ardina”, ostinato in-canto in sequenza melodica, totalmente rituale quanto assertivo. La corale “Wana” (da ballare in-repeat mode) è una sorta di vero e proprio manifesto del progetto Taxi Kebab, mentre “Leyla” – beat da dance-floor nelle notti di Essaouira – è un pezzo dal giro di basso killer, col canto in “Darija” (così definito l’insieme dei dialetti arabi e berbero parlato in Marocco) che alimenta fantasie di un amore proibito perduto per sempre. “L3alam Ya7tariq” è invece una dolce nenia maghrebina screziata dalla voce di Lea. L’ultimo, lungo brano “Nebniw El Ghad F Dlam” descrive ulteriormente l’ordito fra il suono acustico del bouzuki, la voce desertificata e l’elettronica pulsante, musica affascinante che confonde e mischia le culture, che fa viaggiare la nostra mente nella nostra mente mentre gambe e piedi se ne vanno per i fatti loro.

Solo in Rete, per ora, si trova una versione estesa dell’ep con 3 ulteriori pezzi, oltre 20 minuti da scovare, assolutamente fantastici: “Lmchi W Rjou3”, “Ttabla” e “Dirty Buzu”, quest’ultima un’improvvisazione in concerto di ben 11 minuti eseguita alternando i soli di bouzuki di Jiqqir alle macchine a-manetta di Henry, un pezzo dalle sonorità dense, intrecciate, che poi sono esattamente quel che ha sedotto la platea del Womad. Una poliritmia estatica che si trasforma in cangiante psichedelia, questa in sintesi lo stato dell’arte per Taxi Kebab e siamo dalle parti della trance Gnawa più esplicita come anche del Tarab, termine arabo classico che indica l’estasi mistica indotta dalla musica. Play it loud!