TASADAY, L’Animale Profondo

I brianzoli Tasaday nascono dalla fusione di due collettivi, i Die Form e gli Orgasmo Negato: questi ultimi – i quali cambieranno il loro nome in Nulla Iperreale – cominciano come agitatori/performer, ma finiranno ben presto per imbracciare gli strumenti e dare man forte ai propri sodali. Dai Nulla Iperreale uscirà il nome di Paolo Cantù, esempio come pochi nel panorama nazionale di coerenza musicale abbinata ad una verve creativa fuori dal comune. I Tasaday assieme a nomi come Maurizio Bianchi, T.A.C., Mauthausen Orchestra ed Ain Soph, rimangono fra i principali protagonisti della grande stagione industriale italiana, quella che dai primi anni Ottanta arriverà alle soglie dei Novanta, riuscendo ad avere anche un buon riscontro fuori confine. Nei primi lavori del gruppo convivono entrambe le sigle, Die Form e Nulla Iperreale, accanto alla denominazione Tasaday – il nome di una tribù delle Filippine rimasta ferma all’età della pietra – messa lì a sottolineare una forma di primitivismo musicale innestata sui canoni del genere, a testimoniare quello scontro fra uomo allo stato di natura e macchina che caratterizzerà tutta la loro produzione.

L’Animale Profondo è stato appena ristampato su cd da Officina Fonografica Italiana, etichetta dedita proprio alla scena industrial italiana anni Ottanta e Novanta; originariamente uscì nel 1986 per Azteco Records dei T.A.C. ed è il primo disco dei Tasaday in cui Paolo Cantù non figura. Disco di una ferocia inedita per gli standard del gruppo fino ad allora, fra le loro realizzazioni è quella in cui il lato primordiale prende maggiormente il sopravvento, anzi, come suggerisce il titolo stesso, sembra quasi di avvertire una componente non più umana, di regressione allo stato ferino, nella lotta infinita con la macchina inscenata dai brianzoli. Il brano d’apertura (“Avvolti In Una Mente Devastante”) è un sabba industriale in cui il connotato etnicizzante rimane nota palpabile, segue “Presenza Impossibile”, in cui il luddismo sonoro diventa accanimento su macchine ormai inceppate inesorabilmente, mentre il suono del sax si fa sirena per decretare la tanto agognata “fine della produzione”. Nel blaterare confuso di “Si-Ma-To-Re” rintracciamo tanto il marchio della follia quanto un richiamo alla sound poetry; in “Un Falso Destino” (presente in versione live anche in coda, come bonus track) la batucada di rottami fa da contraltare ai ritmi di fabbrica, mentre il furore religioso assume il gusto dello sberleffo. “Luce” è il lamento di un bambino soffocato fra spire di ingranaggi; fra i momenti più alti l’astrattismo raccapricciante di “Dove Tutto Sembra Perduto”, davanti al quale non possiamo che rimanere prede inerti.

Piccola curiosità: ai veri Tasaday, la tribù dell’isola di Mindanao, si interessò più di qualche antropologo prima di scoprire che il loro modus vivendi primitivo era in realtà una messa in scena organizzata da un rappresentante del governo filippino per sfruttare il territorio in cui vivevano.

Tracklist

01. Avvolti In Una Notte Devastante
02. Presenza Impossibile
03. Si-Ma-To-Re
04. Le Porte Dell’Equilibrio
05. Un Falso Destino
06. La Sacralità Senza Tempo
07. Luce
08. Lo Struggimento Vuoto
09. Dove Tutto Sembra Perduto
10. Per Ora Non Ancora E Tuttavia In Qualsiasi Momento
11. Un Falso Destino (live)