SVALLBARD, One Day All This Will End

SVALLBARD, One Day All This Will End

Gli ingredienti utilizzati dagli Svalbard di Bristol non differiscono troppo da quelli usati di recente da molte altre formazioni similari: radici hardcore, sbavature crust, tinte fosche di matrice black, pulsioni emotive, dissonanze e feedback noisy, il tutto pressato insieme e risputato sull’ascoltatore con ferocia e passione, con tanto di improvvisi squarci in cui il cielo sembra aprirsi e le nubi lasciano filtrare un raggio di luce. Nulla di nuovo, dunque, eppure ancora una volta qualche band indovina l’amalgama giusto e colpisce nel segno più di altri, si imprime nella mente e si guadagna un posto nel nostro personale taccuino di bordo. Difficile individuare un perché specifico. Molto probabilmente si tratta di del modo di dosare gli elementi, della bravura nell’accostare le note o costruire melodie che si allaccino alle nostre emozioni, di impercettibili equilibri che fanno pendere la bilancia a favore e, magari, della passione e dell’energia che si riesce a trasmettere.

One Day All This Will End non passa inosservato e, pian piano, si fa strada nella nostra mente così da pretendere un posto speciale tra i molti nomi nuovi che sgomitano per farsi ascoltare. Impossibile stabilire se si tratti di una meteora o di una vera e propria scoperta da ricordare in futuro, unico dato certo è che nel “qui e ora” il gruppo vince la partita. Del resto, a giudicare dalla visibilità che stanno ottenendo in patria, ma anche oltreoceano (vedi l’interesse di una label come la Halo Of Flies), gli Svalbard sembrano aver intuito la formula giusta: una miscela fatta di vocals sofferte ma non eccessivamente lagnose, linee di chitarra potenti ma a loro modo sognanti, figlie tanto dell’estremismo sonoro quanto dell’afflato corale di matrice emo, il tutto disteso su una base ritmica dinamica e varia quel tanto che basta a donare i giusti accenti all’insieme. Per ora, il nostro è un sì convinto e deciso, speriamo la promessa venga mantenuta.