STRANGE FEAR, A Permanent Cold

A Permanent Cold

L’apertura è una mazzata hardcore veloce e senza fronzoli, sporcata di metal quanto basta a suonare moderni e potenti, ma perfetta nel suo alternare energia e aggressività con tanto di stacchi a rendere il tutto quanto mai esaltante. A Permanent Cold si presenta, quindi, come un perfetto esempio della voglia di traghettare nel nuovo millennio il vecchio spirito accaci, senza perderne di vista le caratteristiche principali e senza, soprattutto, snaturare troppo quello che era il suo spirito originario. Il limite, del tutto conseguente, è la mancanza di una reale spinta evolutiva rispetto ai canoni di una scelta di campo impermeabile alle derive “post”, sebbene gli Strange Fear riescano ad imporsi per la mancanza di grossolane dimostrazioni di potenza fine a se stessa e utilizzino le entrature metal più nella scelta dei suoni che nel songwriting. La loro è musica che colpisce diretta il bersaglio e non si perde in inutili voli pindarici, scatta veloce verso il crescendo catartico e si ferma solo quando risulta necessario riprendere fiato, con ampio uso di stop & go e di stacchi ricchi di groove. Dodici composizioni in appena sedici minuti, molta attitudine e zero variazioni sul tema, come un’esplosione di energia che acceca e scompare con la stessa velocità con cui è apparsa, capace di lasciare a terra storditi. In fondo, basta mettersi d’accordo su ciò che si cerca in un disco e partecipare al gioco con lo spirito giusto, non dissimilmente da ciò che si fa quando si mette su un sette pollici della vecchia scuola newyorkese o ci si lancia nel pit con la voglia di unire la propria rabbia a quella degli altri. Nei testi confluiscono delusioni, aspettative, sconforto per le regole della società attuale e la fallacità delle relazioni interpersonali, c’è voglia di rivincita, di riscatto all’interno di un sistema che non si sente proprio: sembrano prevalere il nichilismo e la mancanza di fiducia, ma non è una resa, piuttosto una chiamata alle armi. Tutto qui, niente per cui perdere il sonno, ma anche un enorme schiaffo in faccia a tutte quelle band che cercano di raggiungere gli stessi obiettivi innestando i riff degli Slayer o dei Pantera per apparire più cattive.