Steph Richards non è una trombettista

Steph Richards è un’artista particolarmente interessante con base a Brooklyn, molto attiva nell’ambito della musica jazz sperimentale e nella contemporanea. I lavori discografici a suo nome hanno in comune una ricerca interdisciplinare che si rinnova ad ogni occasione. Con il suo riuscitissimo esordio discografico Fullmoon (Relative Pitch Records, 2018) ha esplorato le possibilità timbriche delle risonanze innescate dalla tromba in vari strumenti a percussione, con Take The Neon Lights (Birdwatcher Records, 2019) la sua scrittura per quartetto si ispira alla poesia di autori come Langston Hughes, Maya Angelou e Allen Ginsberg. Supersense (Northern Spy Records, 2020) è un lavoro esplorativo sul dialogo emozionale tra suono e profumo, dove delle essenze create appositamente vengono abbinate alla musica così da rendere l’ascolto un’esperienza multisensoriale. L’ultimo lavoro si intitola Zephyr (Relative Pitch Records, 2021) ed è uno splendido duo dove l’universo acustico e visuale dell’acqua è oggetto di ricerca.

Chi è stato il tuo insegnante più importante?

Steph Richards: Butch Morris mi ha insegnato cosa significa dare tutto a questa musica —-> cosa significa mostrare il tuo vero volto.

È il suono che ispira la tua musica e i tuoi concept o è il contrario? Cosa viene prima?

Il suono viene prima, le strutture per seconde. Ma anche gli alberi mi hanno insegnato molto.

Passi più tempo studiando la tecnica dello strumento o improvvisazione?

Studio esclusivamente la tecnica sullo strumento e quando suono dal vivo posso lasciar fluire tutto quello che ho imparato e concedermi esclusivamente alla musica.

Qual è la tua routine di studio ideale?

In una giornata ideale mi piace partire con lo yoga o con la meditazione. Poi passo alla composizione, per tutto il tempo necessario.

Successivamente prendo la tromba e comincio facendo doppi pedali à la Pierre Thibaud.

Suono nel registro pedale singolo e salgo nel registro medio e acuto mantenendo la stessa sensazione

Flessibilità e scale, cambio sempre il tipo di scala scegliendo tra i modi.

Intervalli: mi piace scegliere un intervallo diverso ogni giorno ed inventarmi dei giochi. Ad esempio se sto lavorando sulle quarte, invento una regola che potrebbe essere 2 sopra e 1 sotto cromaticamente, oppure suonare quarte ma salendo per terze.

Trascrizioni e suonare su playalong. Mi piacerebbe poterlo fare tutto il giorno.

Come hai conosciuto Butch Morris e la sua conduction?

Ho conosciuto Butch al matrimonio di un amico. Stavamo suonando un brano dedicato ad un amico e Butch mi ha preso in parte, versato un ottimo whisky, poi mi ha guardato negli occhi e mi ha detto “tu non sei una trombettista”. È stato il più grande complimento che ho ricevuto in vita mia.

Come lavori sulla conduction?

Osservo come la struttura si apre in natura, come un albero si dispiega dalle radici alla chioma, come gli uccelli attraverso e sopra la mischia del nostro mondo rumoroso… Poi porto quelle strutture nell’ensemble. Cerco anche di suonare con grandi musicisti con una grande immaginazione e la voglia di dare tutto per amore della musica.

Qual è l’aspetto più importante da curare e sviluppare giorno dopo giorno?

La cosa per me più importante è rimanere leggeri, empatici, sentire e prestare attenzione al mondo. Con tutte le richieste, le informazioni e la tecnologia è facile iniziare ad essere insensibili. Il mio lavoro è trovare sempre qualcosa che mi colpisca, sentire qualcosa che mi smuova nel profondo del cuore o del corpo, ogni giorno. È anche importante prendere la tromba ogni giorno ed essere vicina alla musica. Sono vicina alla musica ascoltando l’oceano tanto quanto tenendo il mio bimbo in braccio addormentato o suonando con ottimi musicisti.