STAER

Staer

Due dischi, due modi di suonare musica orgogliosamente noise senza sembrare dei nostalgici degli anni Novanta. La freschezza delle proposta degli Staer è tutta nella capacità di riscrivere, a partire da un approccio “free”, quel linguaggio, accompagnandolo con una dose di potenza esecutiva non indifferente. Materia che scotta, la loro, che piace anche per il fatto che si presenta come valida alternativa a tante proposte più scontate. Il loro ultimo Daughters ha acceso una bella miccia, e di loro si dice facciano faville on stage, infatti prendiamo per buona l’ultima risposta, chissà… Intanto leggetevi l’intervista che il gruppo ci ha concesso via mail per gentile intercessione della Gaffer Records.

Ciao ragazzi. Siete arrivati al secondo disco e da noi siete ancora poco conosciuti. Presentatevi ai nostri lettori…

Gli Staer sono una band norvegese che si è formata a Stavanger nel 2010. Proviamo a fare della buona musica con chitarra, basso e batteria.

Daughters è uscito in due formati e in due diverse nazioni (cd per la londinese Horse Arm e vinile per la francese Gaffer Records). Perché questa scelta? Non vi siete trovati a vostro agio in Norvegia?

Le uscite della Gaffer Records sono normalmente limitate a un singolo formato e, quando anche la Horse Arm ha mostrato il suo interesse verso di noi, è stato logico lasciare a loro la possibilità di far uscire il disco anche in cd. Siamo tutti amici tra di noi, questa è principalmente una questione “logistica”. Realizzare dischi solo per label norvegesi, o distribuire il nostro materiale esclusivamente in Norvegia, non aveva molto senso, principalmente perché lì non c’è mai stata alcuna attenzione verso il nostro gruppo.

Parliamo della vostra terra di origine: avete un suono peculiare e ci sono band vicine al vostro discorso come i Noxagt, ma normalmente la Norvegia viene associata al black metal e a tutto ciò che lo circonda (incluse parecchie controversie). Anche a voi piace questa musica o non vi interessa affatto?

Sebbene intorno ci sia un grande “romanticismo”, il black metal è sentito come una questione piuttosto irrilevante oggi. Ha concluso il suo ruolo, sia ideologicamente che esteticamente, e le controversie hanno lambito anche una certa comicità. La prima vera cassetta dei Mayhem suona ancora bene, ma non è qualcosa che ascoltiamo regolarmente. I Noxagt sono con tutta probabilità la miglior cosa uscita dalla Norvegia dai tempi di Grieg (alludono a Edvard Grieg, celebre compositore e pianista di fine Ottocento, ndr).

Cosa pensate del fatto che rimanete decentralizzati e piuttosto distanti dai circuiti che contano? Ci sono molti concerti dalle vostre parti? So che di recente siete stati in tour negli States. Com’è andata?

Non abbiamo mai pensato di essere decentrati o piuttosto distanti dal circuito che conta. Dov’è? Raramente ci sono buoni concerti dove viviamo, ma succede sempre di tanto in tanto, come ovunque. Il nostro tour negli Stati Uniti è stato un grande momento, e ci piacerebbe tornare.

Staer

Trovo che rispetto al disco precedente la vostra musica sia diventata più “astratta”, diciamo un po’ meno legata a geometrie math e noise. Sarà stata anche la presenza del sax di Kjetil Møster degli Ultralyd?

Non abbiamo mai trascorso la nostra vita a “intellettualizzare” il nostro materiale. Non c’è mai stato alcun concept o espediente servito per aderire a questa idea. Abbiamo sempre cercato di fare musica che ci gratificasse, con quel movimento che passa dalla sfera del rock a una più astratta che poi ha preso maggior rilievo. Tutto è stato scritto prima che Kjetil facesse il suo “pompino” nel disco.

Ci consigliate qualche band norvegese che trovate interessante?

I Brutal Blues sono una buona band che viene da Stavanger.

Cosa ascoltate di solito, per esempio quando siete in tour, ma anche a casa?

Bernard Parmegiani, Throbbing Gristle, France Gall, Il Gruppo, Brainbombs, Ep 4 e molto altro.

Vi vedremo presto in Italia?

Sì!