SLEEPY SUN, Spine Hits

Spine Hits

Il deserto californiano, Dave Catching alle manopole, alla voce non più Rachel Fannan ma Bret Constantino: Spine Hits è “rock” nel dna, ma dell’impatto “new stoner” drogato di soul che rendeva gli Sleepy Sun i contendenti principali dei Pontiak come “restauratori” del genere dei Kyuss, nessuna traccia. Ho scritto rock, ma è più esatto indie rock. Niente porcate nu wave, sia chiaro, ma impatto chitarristico tra anni Novanta (“Yellow End” è anni Settanta, come un mix tra Built To Spill e Led Zeppelin) e una buona dose di rotondità melodiche (la sospesa ballata shoegaze/country “Boat Trip” è un esempio di ciò che funziona), e solo qualche venticello da musica del deserto (“Martyr’s Mantra”). Visto dalla prospettiva di chi li ha amati per quello che erano, può sembrare un disastro e di certo ci sarà chi non apprezzerà per nulla. Conservando un’ottica “oggettiva” e badando al sodo, Spine Hits, invece, è davvero riuscito e colmo di idee che riescono ampiamente a colmare una carenza d’impatto che si nota solo se le mente si ostina a cercare tracce di Embrace o Fever. Non male il southern stranito di “V.O.G.” e gli hammond da largo respiro che aprono la malinconica ballata folk “Still Breathing”, striata da riverberi elettrici e classica tirata di armonica. In chiusura, “Deep War” è rockabilly da fine del mondo e “Lioness (Requiem)” rimanda ai Radiohead pre Kid A, ma non è un male come può “suonare”. Inaspettato e, sicuramente, sottovalutato.

Tracklist

01. Stivey Pond
02. She Rex
03. Siouxsie Blaqq
04. Creature
05. Boat Trip
06. V.O.G.
07. Martyr’s Mantra
08. Still Breathing
09. Yellow End
10. Deep War
11. Lioness (Requiem)