SKREI, Burning As Undead

Un paio d’anni fa ho parlato di Vincenzo Gagliardi e The Nent, oggi di Giuseppe Capriglione, che con Vincenzo ha fondato Modern Bön, “insegna” sotto la quale i due pubblicano dischi e organizzano eventi a Berlino, protagonisti Basinski, Zoviet*France, Phurpa, Abul Mogard, Sum Of R…

Rispetto a The Nent, che suona più “attuale”, Skrei sembra uscito dal mattatoio della prima Cold Meat Industry. Se però non ci si ferma alla superficie, si capisce che Giuseppe è anche molto sul pezzo. Non copia, sa rimescolare molto bene le carte: guai a sentire le percussioni e la voce femminile in “O.r.O.” dopo una brutta giornata (specie con le finestre aperte), per fare un esempio; attenzione anche con “Harsh Ritual”, molto malata. Drone, tribalismi/primitivismi e rumore: Skrei sta da qualche parte nell’arcipelago industrial, vicino a In Slaughter Natives, Archon Satani, Pact Infernal e Thomas Ekelund, quest’ultimo la cosa scandinava più buffa degli ultimi 30 anni (in confronto Mortiis è Scott Walker, ma è la mia opinione e sono in minoranza). Materiale come questo, al quale in molti sono assuefatti, rischia di essere autoparodico. Per fare un parallelo col black metal, non è facile essere “necro and low” (copyright by Darkthrone), anche se qualcuno ancora ci riesce, basta pensare a come sta funzionando bene il death metal old school di questi anni (riff “vecchi ma giusti”, tonnellate di riverbero e tiro lo-fi). “Ti devi spaventare”, diceva quello lì. Skrei fa paura? Quasi sempre. Quasi.