SKARE, Grader

SKARE, Grader

L’ultima volta che il progetto svedese Skare si manifestò fu nel 2009, quando uscì la città del solstizio (ovviamente d’inverno) per l’italiana Glacial Movements. Il duo, composto da Per Åhlund (Den Arkaiska Rösten) e Mathias Josefson (Moljebka Pvlse), presentando questo nuovo gradiente termico sempre sottozero, con l’occasione rivitalizza l’etichetta Reverse Alignment, anch’essa bloccata da qualche anno.

Grader non è un album in studio: le due lunghe tracce che lo compongono (risalenti addirittura al 2005 e 2007) sono registrazioni di due live differenti, presso il Kulturkiosken di Gävle (-5°) e il Fylkingen di Stoccolma (-30°). Sono imprecisate e improbabili coordinate di latitudine che oltrepassano il circolo polare artico, o più semplicemente, valori numerici di temperatura, indicativi del livello di freddo pungente espresso dalle due performance. Folate di vento gelido trasportano granelli di nebbia condensata che scorticano e bruciano i volti. Nuvole basse e tasso di umidità prossimo al 100% fanno il resto. Più la latitudine aumenta, più la temperatura scende, l’aria è sempre più rarefatta, e quel poco di ossigeno rimasto serve da polmone per la scalata montuosa verso spigolose e cristalline croste di stratosfera congelata (vedi copertina). Quel linguaggio pulsante ed elettronico, incomprensibile per noi comuni mortali, a tratti divino e asettico, associato agli ottimi inserimenti di ferramenta industrial, rendono Grader ancor più ibernante e misterioso: una sorta di Bifröst che mette in comunicazione il mitologico Efesto (dio greco della metallurgia) con l’astuto e malvagio Loki.

Trasmette sensazioni gelide, tanto che ho dovuto coprirmi con guanti e sciarpa. Opinione personale, sono dell’idea che questi dischi vadano ascoltati nei periodi invernali, magari stando alla finestra di casa, fissando i fiocchi di neve: se poi fossero di colore viola, allora sì che potremmo unire l’inverno e l’autunno in un’unica stagione, buia e malinconica.