ŠIROM, I

Come un fragore da un tempo lontano, lettere da un altrove che non sappiamo precisare ma custodiscono un’eco familiare, intima ed universale: entrare nel mondo acustico del trio sloveno è un’emozione profonda e intatta che si rinnova ogni volta. Chi scrive proprio non ce la fa a seguire i concerti in streaming, eppure con loro, che erano in diretta da non ricordo dove, ai tempi del primo lockdown, la musica riusciva a bypassare la gelida distanza, il sangue pulsava nelle vene anche attraverso la mediazione dello schermo. Torto Editions, da Genova (ne abbiamo parlato qui) ristampa in vinile l’esordio di Širom, uscito per Klopotec nel 2016, con l’aggiunta di due inediti. E, come detto sopra, la meraviglia si rinnova: “A Passage Of Light” apre il programma con quindici minuti tra fuochi di artificio, carezze, minimalismo sghembo, anarchico, e timbri unici nel loro coniugare delicatezza e potenza. Un suono unico ed inconfondibile, un weird  avant folk globale che sembra pensato per addormentare bambini di altre ere o per risvegliare i giganti, quello creato da Itzok Koren, Ana Kravanja e Samo Kutin: come dicevo in occasione di un’altra recensione (ho coperto tutti i loro lavori, compresi i dischi a diffusione carbonara come questo o le ramificazioni dalla casa madre come questa): canzoni espanse, aeree e cruciali, sussurri imponenti come nuvole o montagne, favole remote, richiami, leggende, ombre, orme. Un suono lieve e ineluttabile come un destino al servizio di composizioni che entrano sotto la pelle, come fossero state dentro di noi da giorni che non sappiamo ricordare. Melodie di popoli realissimi e immaginari che vengono da un passato pre-alfabetico. E allora non serve citare altri musicisti come pietra di paragone, perché la meraviglia non si racchiude in un nome: invenzioni ritmiche continue, aria di steppa, arie articolate eppure semplici e perfette come un vento a settembre, un alone di sogno, di poesia che ammanta ogni singolo istante di un disco luminoso, pieno di grazia. Provate ad ascoltare un pezzo come “Trilogy”, con i suoi quasi venti minuti di purissima magia, e ogni parola sarà superflua.

Perdetevi nei labirinti arcani delineati dagli archi di “The Lonesome Has To Scent”, nell’ipnosi che sa di Africa  di Roar’s Soft Steps. La nuova edizione è arricchita da due inediti: i minuti antichi di “A Question Flung Across The Bridges Is Almost Like A Bang”, come una fuga in una Samarcanda ideale e il lampo gamelan di “I’m The Ostrich You Keep Seeing In The Neighbouring Hollow”.  Segnalo che sono usciti anche ad ottobre scorso un disco in duo di Samo Kutin (probabilmente il fulcro creativo del trio) con Lee Patterson, The Universal Veil That Hangs Together Like A Skin, per Inexhaustible Editions di Lubiana, con le note di David Toop, una discesa in un limbo ctonio e riduzionista gravido di stupori, ed anche l’esordio solista di Iztok Koren, Lonely Hymns And Pillar Of Emptiness, che sarà oggetto di ristampa in cd in primavera sempre per Torto.

L’ho già scritto a più riprese, ma a volte repetita iuvant: Širom sono in assoluto una delle scoperte più belle degli ultimi anni, confidiamo di poterli vedere ragionevolmente presto di nuovo su di un palco, quando si potrà tornare alla vita di prima; la loro musica è un medicina rara, vaccino prezioso contro il virus del cinismo e della disattenzione.