SHOSHANA ROSENBERG, Overlapping Magisteria

SHOSHANA ROSENBERG, Overlapping Magisteria

Quando leggo “The Jewish Body”, come titola il primo brano di questo disco in solo della (qui) clarinettista australiana Shoshana Rosenberg, penso immediatamente a “La bambina di Pompei”, una delle poesie più acute e dolorose di Primo Levi. Dai versi dello scrittore torinese, testimone “per eccellenza” dello sterminio nazista, emerge una riflessione sul peso dell’assenza: su come la mancanza di un riferimento tangibile, corporeo appunto, tra le vittime dei campi di concentramento, abbia provocato uno smacco ai danni dei meccanismi della memoria, strumento meraviglioso ma fallace.

Quelle di Levi sono parole di intima riflessione, che scavano nella tragedia della Shoah sulla base di un riserbo necessario. Qualcosa di simile, nei toni s’intende, avviene in queste sei improvvisazioni per clarinetto basso, clarinetto in Si Bemolle e un semplice tubo di gomma: sono il lamento non urlato di una musicista che – attenzione – si dichiara queer, transgender e (anche) ebrea. E se è vero che i suoi trascorsi parlano il linguaggio dell’improvvisazione radicale, con formazioni a cavallo tra death industrial e noise, allora sorprende che Overlapping Magisteria (pubblicato dall’etichetta australiana Tone List, come il suo predecessore) sia un lavoro di spontanea eloquenza, non a caso a misura degli intenti che l’autrice rende chiari sin da subito: This record is about bodies: our bodies, my body, no body. It is a meditation, a set of lamentations, a goodbye letter to parts of me I had to abandon with haste.

E allora ascoltiamoli, questi lamenti che provengono dalle viscere: compassati e ritualistici, come nel caso di “Lehitraot”; strozzati e malinconici, come in “Ode To A Feygaleh”; ostinati sul registro basso, ed è la volta del primo brano che, malmostoso e gorgogliante, pare contenere una rabbia ancestrale. E poi cicli reiterati attorno a una singola frase sgusciante (“Walls And Towers”), oppure, ancora, istantanee quasi bucoliche e dai toni dimessi, osservate di sbieco nel caso di “A Broken Fence” e della già citata “Ode To A Feygaleh”.

Va sottolineato come, tanto nella pratica quanto nel missaggio, siano posti in rilievo i suoni di confine, quelli all’apparenza accidentali: dei tasti, delle labbra che approcciano l’ancia dei due clarinetti; soprattutto, dei momenti in cui il fiato finisce e la Rosenberg non ne ha più da soffiare. Perché Overlapping Magisteria non è un disco vibrante di salvifica spiritualità. È semmai un punto di vista sulle ferite di un individuo (di un gruppo, di un popolo).