SHABDA, Tummo

Shabda

Ritorna l’interessante progetto nato da una costola dei T/M/K e basato sull’interazione tra minimalismo drone, ambient, variazioni tonali e inserti di musica orientale, e ispirato dall’amore per tantra e khundalini. Dopo il debutto uscito per Paradigms Records, gli Shabda si presentano con un lavoro composto da tre lunghe tracce (intorno al quarto d’ora l’una) per l’interessante Argonauta Records, label coraggiosa che in poco tempo si è imposta grazie alla sua curiosità e alla sua apertura mentale. Se, da una parte, appare evidente l’amore per gli Earth e per le pulsioni cosmiche del kraut, dall’altra queste influenze vengono piegate all’approccio meditativo che caratterizza profondamente il gruppo. Questo si percepisce chiaramente nel secondo brano, che si apre con i suoni di un rituale e lascia ampio spazio all’interazione tra chitarra e sitar, creando un flusso sonoro straniante, che a un certo punto esplode e ricorda alcuni incontri tra Attila Csihar e O’Malley. Nell’insieme, il lavoro degli Shabda continua a colpire nel segno e a catturare l’attenzione, proprio per la capacità di fondere insieme elementi eterogenei e indirizzarli all’interno di una formula, se non inusitata, per lo meno personale e non banale. Capire che i musicisti coinvolti sono realmente dediti alle discipline/filosofie che informano la loro proposta rende il tutto anche più apprezzabile, perché giunge non artefatto o superficiale. Consigliato a chi si nutre di paesaggi sonori, indipendentemente dalla loro forma o dal loro taglio, visto che Tummo potrebbe soddisfare ascoltatori dal background e dai gusti differenti.