SELAXON LUTBERG, Simboli Accidentali

Selaxon Lutberg

Andrea Penso è uno dei più forti in circolazione, solo che in pochi lo sanno. Se n’è accorta nel 2006 Eibon Records, nota disseppellitrice di gemme, pubblicando Cold House Of Love. Se n’è accorta pure Denovali, che ha ristampato quel disco e – in doppio lp – le collaborazioni tra Selaxon Lutberg e Subinterior. Sono serviti sette anni per ascoltare un’altra prova sulla lunga distanza di Andrea (almeno con questo progetto), che evidentemente sta benissimo fuori da tutti i giri (lathe biōsas), tanto che mi piace pensare che questo sia uno dei segreti della sua musica. Intimismo e minimalismo (anche se forse sarebbe meglio scrivere di “less is more”) sono ancora la chiave di lettura per Selaxon Lutberg. Simboli Accidentali, a un primo ascolto, lascia credere che sia passato un mese tra un disco e un altro, ma non è un difetto. Sarebbe tale se Andrea pubblicasse coi ritmi allucinanti di alcuni colleghi, ma lui ogni tot anni e senza pressioni di alcun tipo può tranquillamente permettersi di riprendere il suo scavo personale nella memoria e nel passato, che è anche un tema-cardine dell’ambient e dello sperimentale di questi anni. All’interno della confezione del disco, non a caso, un racconto d’infanzia, che assieme alla foto utilizzata come copertina può costituire una possibile cornice di stati d’animo. Le tracce senza titolo di Simboli Accidentali si compongono di un fondale drone – a trasmettere una netta sensazione di profondità – e di pochissime pennellate (a volte, volendo forzare, sembra un post-rock scarnificato, spettrale), grazie alle quali possiamo ricordare un’emozione o provare l’emozione di un ricordo. In questo Andrea Penso sembra essere un maestro, come se conoscesse da sempre il suono della malinconia.

Torna quando vuoi, ma torna.

Tracklist

01. Untitled 1
02. Untitled 2
03. Untitled 3
04. Untitled 4
05. Untitled 5
06. Untitled 6
07. Untitled 7
08. Untitled 8