SATURNINE, SaturninE

Saturnine

Le SaturninE si presentano al pubblico con un cd-demo che ha a tutti gli effetti lo stesso valore di un debutto autoprodotto, ben sette brani racchiusi in un digipack minimale eppure di sicuro impatto, grazie a un artwork che fotografa perfettamente il mood e la carica evocativa della musica contenuta. Le cinque ragazze pescano dall’immaginario della donna/strega di medievale memoria, nemesi del ruolo in cui la società maschile vorrebbe da sempre relegarla, e si tuffano a bomba nella palude del doom più lercio e slabbrato, ai confini tra lo sludge e il black primordiale, cui la cover dei Bathory tributa onore, oltre a mettere in evidenza una linea di sangue diretta. Il suono è urticante, caustico, figlio di un sentire schietto e restio a sofisticazioni di sorta, in poche parole perfetto nel veicolare in tutta la sua ostilità la furia iconoclasta delle SaturninE. Quello contenuto nell’esordio della formazione trans-regionale è qualcosa di più di un semplice atto di insofferenza alle regole, è  un piano ben congegnato per dare massimo rilievo a ogni singolo spasmo di dolore e a ogni singolo squarcio che si apre nella carne della vittima sacrificale. Del resto, l’intero lavoro è permeato e percorso da una forte componente rituale/iniziatica, una caratteristica che richiama la maestosità blasfema degli Hellhammer in una sorta di marcia trionfale per divinità legate al lato oscuro della natura. “Orgy Of Blood” rappresenta uno degli apici del lavoro, con un’apertura spiazzante che strizza l’occhio al primissimo dark-sound ottantiano e a nomi oggi di assoluto culto, proprio come accade per l’assolo di chitarra che chiude il brano e dona allo stile della band un che di straniante, altro da sé. È proprio l’alternarsi di violenza e pathos (o meglio, furia selvaggia e sacralità pagana) che offre alle SaturninE la chance di imporre la propria personalità ancora tutta da esplorare, ma fin d’ora capace di rendere questo debutto una vera ghiottoneria per buongustai in cerca di emozioni forti. Quando la musica arriva allo stomaco, le parole contano poco, meglio lasciare che a giudicare siano le proprie orecchie.