SAMUEL ROHRER

Range Of Regularity è un disco e dalle mille sfaccettature, un organismo in continua mutazione, firmato dallo svizzero Samuel Rohrer, nato nel 1977 e da un po’ residente a Berlino, proprietario anche dell’etichetta Arjunamusic. Ancora una volta un batterista decide di mettersi in proprio, servirebbe una categoria a parte per le classifiche di fine anno, se solo le facessimo…

La musica per te è un lavoro a tempo pieno? O part time? Quanto tempo dedichi all’esercizio con la batteria?

Samuel Rohrer: È un triplo lavoro full time. Lo è sempre stato. E con l’etichetta adesso ne ho almeno altri due. Ovviamente per un periodo mi sono esercitato tanto e ancora tanto. Oggi ho sempre bisogno di stare sullo strumento ogni giorno, se possibile, forse è una mia estensione ormai. Però non si tratta di suonare la batteria, mi concentro sulla composizione e sulla produzione, sul trovare nuove combinazioni di sound con le quali lavorare.
Più importante di tutto è rimanere in contatto con la creazione immediata di musica.

Sempre più spesso incrocio la mia strada con batteristi che fanno dischi in solitaria. Uno di essi è Andrea Belfi, che vive a Berlino come te, ma potrei nominarne moltissimi (Will Guthrie, Eli Keszler…). Tutto questo succede perché la tecnologia lo rende possibile ora? Non sono sicuro. Perché hai pubblicato un “solo album”?

Non si tratta né di essere solisti, né di suonare la batteria, si tratta di seguire la tua visione del suono e della musica, quella che hai in mente, un’idea che tu devi creare nel tuo mondo con le tue possibilità.
Mi sono sempre focalizzato sul suono e sullo sperimentare soluzioni per estendere la batteria. E ho sempre composto musica. Ne ho realizzata anche per il teatro e la danza. Mettere insieme finalmente tutte queste cose era solo questione di tempo.

Collabori con Ian Anderson. Ha creato anche l’artwork di Range Of Regularity e tanto tempo fa ha avviato The Designers Republic. Nella mia testa The Designers Republic vuol dire Warp Records. Che relazione hai (come ascoltatore, ovviamente) con la Warp? È interessante saperlo ora, in presenza di un album come Range of Regularity…

Come ascoltatore ho una lunga connessione con Aphex Twin e Brian Eno. Ho sempre saputo della Warp, ma non ho mai avuto un rapporto speciale con quest’etichetta. Di sicuro è un grande onore poter lavorare con un designer della fama di Ian. È di enorme supporto col suo lavoro grandioso e ogni volta è per me d’ispirazione.

Non sono né musicista né produttore, ma ti associo alla musica impro. Con Range Of Regularity qualcosa dev’essere cambiato nel modo in cui lavori, anche se l’album origina da strumentazione acustica…

Certo, è un processo nuovo e totalmente diverso per me allontanarmi dalla musica live e addentrarmi nella produzione. Nonostante la maggior parte della musica sia uscita da ore di improvvisazione, ho lavorato sui dettagli ed estrapolato certe atmosfere e idee che mi piacevano. Per me è un modo di lavorare al contrario: puoi prima comporre su carta e poi trasporre dal vivo, ma puoi anche prima suonare e poi comporre col materiale che hai. Apprezzo le qualità di entrambe le modalità creative e non voglio fare a meno di nessuna delle due.

Ci sono dei remix (Villalobos, ad esempio) del tuo album solista e già alcune tracce originali si possono mettere in relazione con la dance. Dunque ti chiedo: ti interessa la dance? Ti piace qualcosa in particolare di quel mondo (alcuni artisti o alcuni sottogeneri)?

Certo, è un mondo che voglio approfondire di più e al quale mi sento vicino. Non sono strettamente un amante della musica intellettuale, nonostante io sia legato a essa da vent’anni. Non chiamo nemmeno dance music ciò che faccio ora, che certo gioca con alcuni degli idiomi dance ed è fortemente connesso ai ritmi, che possono essere anche ballabili. Ho suonato per tanti anni musica ritmica in un contesto improvvisativo. La mia prima motivazione è stata portare nel discorso tutte le mie diverse influenze e plasmare qualcosa di personale. Qualunque cosa faccia, per me è importante rimanere integro e dare spazio a tutte le mie sfaccettature musicali.

E ti interessa l’ambient music? Il tuo progetto Ambiq tesse atmosfere fantastiche e anche Range Of Regularity rivela un talento per la creazione di soundscape.

Sì, amo la musica cinematica, quella che racconta storie da sola oppure quella che supporta un racconto e crea spazi e stanze. Ma il mio è un modo molto intuitivo di comporre e io tento di seguire la musica e lasciare che accada.

Suonerai in Italia in futuro? Porterai dal vivo il tuo progetto solista?

Sto lavorando su un setup live solista che voglio portare in giro presto, sì. Niente di pianificato per ora in Italia, eccettuato un piccolo festival privato in Sardegna a settembre con gli Ambiq.

Quando un artista non è categorizzabile, alcuni gestori di locali temono la pigrizia mentale della gente. Sembra che certe platee abbiano bisogno di ascoltare cose a loro familiari…

Questo è un grosso argomento. Per farla breve: di sicuro desidero che le persone diventino più coscienti della diversità, anziché chiedere che le loro aspettative vengano soddisfatte. Però ci sono sempre state piattaforme che supportano le musiche di nicchia.

Hai guardato il film “Whiplash”? Vorrei conoscere la tua opinione. La pellicola ha causato reazioni differenti, non necessariamente positive. Ricordo un articolo molto buono su quel film a firma del batterista degli Oneida.

L’ho guardato per venti minuti prima di dovermi fermare. Questo tipo di storie funzionano forse meglio se parlano di vincere una gara di automobili o un match di pugilato. Però sono sicuro che le persone che non hanno nulla a che fare con la musica, o non seguono qualche altra forma d’arte, avranno amato questo storytelling, perché è qualcosa con cui possono sintonizzarsi… cioè che il dolore e la sofferenza possono generare successo. Magari però gli artisti soffrono perché sono complessi e sensibili. Attraverso la creatività possono incanalare certi sentimenti e digerirli. Minimizzare un mondo così complicato in una storia così banale non è molto interessante.

Ultima domanda: una grossa percentuale della nostra webzine è costituita dal metal estremo. Sai fare un blastbeat?

No, non so farlo (ride, ndr), è qualcosa che devo provare in futuro… per ora ho molta più confidenza con Oxygen Beats…