SALMO, Ranch

Avevamo lasciato Salmo in compagnia di Noyz Narcos su “Cult”, dopo averli visti insieme sul palco del Marrageddon. Ora, con Ranch, Maurizio Pisciottu torna in solitaria dopo un paio d’anni in cui si è occupato soprattutto di tv con “Blocco 181” e un disco unplugged.

Ranch parte deciso con “ON FIRE”, brano che abbiamo avuto occasione di sentire per qualche settimana e che mostra il Salmo che conosciamo: le rime sono affilate e disegnano un viaggio che pare oscuro e disperato. Siamo dalle parti di un Western gotico, con i ricordi familiari gore di “CRUDELE” e i suoni orchestrali di “N€UROLOGIA”.

“SINCERO” è un brano che prova ad aprire una nuova strada: prende quel punk più leggero che andava forte in California e lo usa come base per una strana evoluzione, rischiando di farci ritrovare Salmo come una sorta di svagato Vasco Rossi. Questo accostamento non suona come un’eresia, considerando anche quanto fatto insieme a Zucchero lo scorso anno per la ripresa della sua “Overdose D’Amore”. Visioni bizzarre, e dire che basterebbe rimanere sui binari rap, come una “Bye Bye” con Kaos che incastra due tra le voci più iconiche della scena italiana. Così anche “BOUNCE”, dura e gommosa, prima di rilassarsi di nuovo, svelando ancora una volta la vicinanza fra hip-hop e blues. Quando viene espressa con brani come “CARTINE CORTE”, questa fusione si rivela un sentire di qualità, orecchiabile senza bisogno di ruffianeria.

“BEATCOIN” è un flusso di coscienza che svela le capacità tecniche del rapper di Olbia, fra brand crocifissi e urla. “IL FIGLIO DEL PRETE” è probabilmente l’apice della poetica di questo Salmo, perché unisce storia, groove, cattiveria e originalità, facendoci capire che questo “imbastardimento” verso le radici ha un senso che corre come una spina dorsale nel disco, un lavoro che forse sarebbe stato ancora più solido se fosse stato “grattato via” qualche brano. Ma Salmo è il primo fra i numeri primi per come rappa e in questa sterpaglia ci sta benissimo, dimostrando personalità e una visione aperta, anche se forse non completamente a fuoco.

“FUORI CONTROLLO”, prodotta da Luca Agnelli, lo riporta su beats serrati e hardcore, in ipotesi non distanti da certi Prodigy per una fuga cibernetica. “INCAPACE” è di nuovo cantautorato folk apertissimo, del quale onestamente non sentivamo il bisogno, appiattito in una prospettiva che potrebbe disperderlo. Anche “CONTA SU DI ME”, al netto dell’onestà, lascia poco. Lo si capisce ascoltando l’autoanalisi di “MAURI”, sincera e alla ricerca di un equilibrio che gli auguriamo, ma che non è rappresentato nel discontinuo “Ranch”.

“TITOLI DI CODA” vede il ritorno di Mr. Thunder, prezzolato discografico che stimola Salmo a dare il peggio di sé, cosciente di essere all’interno di un gioco nel quale si è sempre mosso a modo suo. Vedremo cosa sceglierà di fare e cosa diventerà Lebonski Park, esperienza immersiva nel suo mondo programmata in settembre a Milano. Per ora, questo è il “Ranch”.