ROBERT AIKI AUBREY LOWE

Breve chiacchierata via email con uno dei maggiori esponenti della psichedelia americana d’oggi, nello specifico di quella legata al filone “drone” e all’uso massiccio di synth. Il percorso di Robert Aiki Aubrey Lowe parte da lontano, da quando era nei post-rockers 90 Day Men nei primi Duemila, poi s’è fatto conoscere principalmente come Lichens e col suo nome di battesimo, non senza aver fatto una capatina negli OM di Al Cisneros e col francese Ariel Kalma in We Know Each Other Somehow. Lowe è uomo pragmatico e di poche parole, per lui il discorso lo fa principalmente la sua musica, estatica, misticheggiante, kraut, tutti termini che ormai in certi ambiti sono pure abusati, ma che per lui valgono nell’accezione più positiva possibile. Chi andrà al Transmissions Festival potrà saggiare ancora una volta le sue musiche eteree e materiche allo stesso tempo. Noi vi consigliamo di non perdervelo.

Sembra esserci una sorta di positiva inquietudine sottotraccia nel tuo percorso di musicista. Dai 90 Day Men alle prove come Lichens, ai numerosi dischi solisti e alle collaborazioni, con gli OM e Ariel Kalma. Come definiresti in poche parole la tua carriera fino ad oggi?

Robert Aiki Aubrey Lowe: Non ho mai veramente preso in considerazione l’idea di carriera. Mi sono concentrato solo sul risultare un essere umano presente nel mondo. Sono costretto a fare le cose in un regno creativo e così seguo il mio percorso. Viaggio attraverso una porta che è aperta…

Come e perché hai deciso di iniziare a suonare e quali sono stati i tuoi primi ascolti? E le registrazioni passate sono solo un ricordo lontano?

Ho incominciato da giovanissimo con l’ascolto di The Planets di Gustav Holst (compositore inglese di fine Ottocento-inizi del Novecento, ndr), in particolare il movimento dedicato a Nettuno. Sono stato attratto dalla gamma dinamica del pezzo. Durante la mia gioventù mi sono concentrato principalmente su diverse forme di arte visiva. A un certo punto della mia adolescenza ho deciso di dedicarmi alle pratiche musicali. Ero un giovane punk.

Lo stesso discorso vale per la voce. Non canti dei testi ma segui una linea vocale primordiale… Anche la parte video mi sembra un discorso che ti sta particolarmente a cuore. Anni fa, durante il tour con gli OM, mi colpirono molto certi filmati veramente basilari ma adatti alla musica, li trovai quasi allucinatori… non mi ero fumato nulla però…

Tutti gli aspetti della mia pratica indicano l’estatico, dalla mia voce al synth, alla parte visiva. Non comprendo appieno cosa intendi per film basilari, ma se parli di qualsiasi lavoro visivo che ha accompagnato la mia esibizione, nulla è basilare o apatico, anzi. Tutto è invece considerato ed intenzionale.

Come ti prepari a un’esibizione? Ci sono dei riti particolari che metti in pratica prima di suonare?

C’è sempre un processo per la preparazione, e c’è sempre un rituale per me.

Cosa proporrai nella tua esibizione al prossimo Transmissions Festival di Ravenna?

Vieni e vedrai.