Rahbek, Valentin, Sauvage, acqua, Oriente

Loke Rahbek è inarrestabile e siamo al suo secondo disco di quest’anno su Editions Mego.

Insieme a lui Frederik Valentin (Kyo, sulla Posh Isolation di Rahbek): Buy Corals Online è ispirato alla lontana dal nuovo acquario di Copenaghen e dall’ukiyo (“il mondo fluttuante”), cioè un certo stile di vita urbano edonista che si era sviluppato durante il periodo Edo in Giappone, o almeno questo è quello che riesco a capire. Sicuramente il sound è liquido e delicato, indifeso e diverso dall’aggressività per la quale magari i più conoscono il musicista danese. L’idea che mi sono fatto è che si tratti di un’altra faccia dello stesso spleen borghese provato da persone che vivono in un posto con zero problemi economici ma molta noia, probabilmente. Precisato questo, loro due sono bravi nel fabbricare atmosfere ovattate e a dare uniformità all’insieme, tra distese di synth molto chic, field recordings “casalinghi”, che danno un senso come d’intimità, e melodie malinconiche, anche di piano (in un paio d’occasioni strizzano l’occhio a Badalamenti/Twin Peaks ed è una scelta che funziona). Quasi nulla interviene a sporcare queste polaroid, sono solo brevi attimi – nei quali il suono è un po’ più distorto – quelli in cui qualcosa potrebbe rompersi, segno che interiormente non tutto è così idilliaco come potrebbe sembrare in superficie.

Tomoko Sauvage, invece, è giapponese sul serio e sempre sul serio lavora con l’acqua per incidere i propri dischi. L’artista è passata alcune volte in Italia (anche a Trieste, la mia città, è così che ho scoperto il suo paziente lavoro), tanto che la spiegazione tecnicamente più chiara del suo lavoro la danno i “soliti noti” bolognesi (Xing): “l’artista lavora con ciotole e recipienti di porcellana di diverse dimensioni, riempiti d’acqua e amplificati con idrofoni. La sua ricerca nasce dall’acqua nelle sue diverse forme – gocce, onde e bolle – dalle risonanze dei contenitori, così come dal feedback audio, dando origine a tessiture di drone e overtone naturali”. Tomoko non ha bisogno né di sintetizzatori né di piano per ricostruire un mondo, perché in qualche modo prova a dargli direttamente voce. Musique Hydromantique, uscito quest’anno per Shelter Press, è tendenzialmente atarassico (più di quello di Rahbek/Valentin), meditativo (siamo pur sempre a Oriente), e scatena l’immaginazione: Tomoko può gestire ma non può davvero controllare tutto il suono che produce, è come essere immersi nella natura, con le sue irregolarità e imperfezioni, ma si tratta di un’entità benigna e mai davvero ostile, forse solo vitale, molto più autentica di quell’acquario scandinavo e sicuramente non “online” (forse sta qui la differenza di stati d’animo indotta da due album per altri versi accomunabili), anche se la verità pura non esiste nemmeno in questo caso. Da avere e da ascoltare rigorosamente in cuffia.