Quale futuro per Macao?

Una gestione dal basso è sempre possibile

Negli corso degli anni abbiamo visto il susseguirsi di università occupate e centri sociali, e questi ultimi sono ancora attivi, in varie forme, in molte città del Paese. Ultimamente s’è fatta avanti un ulteriore idea di “occupazione”, sviluppata per ridare senso ai tanti spazi abbandonati delle città. Sulla scorta di quanto succedeva soprattutto a Berlino, anche metropoli come Napoli, Roma e Milano hanno avuto i loro begli esempi di alternative culturali dentro il tessuto cittadino, volutamente – va specificato – in contrapposizione a quelle numerose realtà che rientrano nel cosiddetto perimetro della legalità. Nel centro partenopeo l’esempio dell’Ex Asilo Filangieri è addirittura arrivato ad una forma di istituzionalizzazione – legata all’idea di “utilizzo civico” – quasi insperata: ormai quel palazzo del centro storico è a disposizione di tanti attivisti e decisiva è stata la trattativa tra coloro che hanno proposto la gestione e il comune di Napoli, checché se ne pensi del lavoro dell’attuale sindaco Luigi De Magistris. Quello dell’Ex Asilo è un buon precedente, tanto che alcuni dei loro operatori sono stati invitati nel recente passato a mostrare le peculiarità del progetto in altre città. Nella Capitale invece le cose sono andate peggio, lo stop alle attività del Teatro Valle da parte delle autorità giudiziarie ha fatto scalpore, ma anche la ridicola chiusura del Dal Verme (che era però un circolo) ha fatto tanto parlare i media. A Milano la situazione poteva registrare un finale simile a quello napoletano, ma improvvisamente da parte dell’amministrazione non sembrano esserci margini di trattativa in tal senso. Eppure quella palazzina liberty ha ospitato numerose attività messe in piedi da questo polo di resistenza culturale, che nell’arco di pochissimi anni ha fatto tanto parlare di sé. In soldoni Macao è (stato finora) una sorta di luogo dell’incontro (ma anche del divertimento, non c’è nulla di male) dove più persone hanno operato e dialogato, come ci conferma GianMaria Di Pasquale, membro del cosiddetto “tavolo suono”, collettivo che si occupa della parte legata ai concerti, credo che il nostro sia un esempio da premiare (o per lo meno da ascoltare), non da cancellare. E comunque, noi andremo avanti lo stesso. È stata prodotta più cultura a MACAO in questi sei anni che in tanti spazi “istituzionali” la cui struttura è costata soldi a palate e ha prodotto poco, impantanata tra regolamenti e procedure. Quegli spazi hanno ospitato una serie di serate a tema, alcune edizioni di un festival come Saturnalia e svariati concerti (dai Wolf Eyes a Lawrence English ai Retina.it, a Marginal Consort, ad Ashtray Navigations), spesso filmati dai tipi di URSSS.com; in tutta onestà, in altri posti d’Italia si faceva una certa fatica a trovare programmazioni simili, Di Pasquale conferma: abbiamo portato la sperimentazione dalle nicchie di piccoli spazi (seppur preziosissimi e presi anzi come esempio) al grande pubblico. Con migliaia di persone che riempiono gli spazi interni ed esterni di MACAO per ascoltare una proposta musicale assolutamente sperimentale e underground. È chiaro che operare a certi livelli è più semplice a Milano che a Reggio Calabria, i motivi sono facilmente intuibili, ma a quanto pare la situazione attuale, va ribadito, non porta a nulla di positivo. Di Pasquale sottolinea: abbiamo fatto proposte concrete e ci troviamo ad esser sbattuti per strada perché il Comune vuole far cassa svendendo spazio pubblico e dignità.

Commenti sulla situazione in questi giorni

Ho chiesto un parere a Roberto Maggioni di Radio Popolare (qui un suo articolo dove spiega un po’ di cose) com’è stata vissuta questa esperienza, in particolare dai milanesi: MACAO è un pezzo di città. Dall’occupazione di Torre Galfa nel 2012 ad oggi chiunque frequenti la parte viva della città è passato da lì. È uno spazio attorno al quale è stato difficile per la destra costruire campagne di ordine pubblico o degrado. È l’unico spazio dove poter andare a fare l’alba con la musica più contemporanea immaginabile, come partecipare a un convegno sulla sinistra di domani. Ai milanesi progressisti e della sinistra ‘larga’ piace, piace ai giovani che vogliono divertirsi, piace agli appassionati di musiche coraggiose. Non piace ai quattro leghisti di zona incazzati con tutto e tutti e a Silvia Sardone, una ex consigliera regionale di Forza Italia nota per aver girato un video dentro MACAO camuffata da squatter.”. Ho chiesto poi a Maggioni se pensa che si troverà un modo per continuare in qualche altra maniera: “se MACAO verrà sgomberato rivivrà altrove e in altre forme, credo, anche se è difficile ripartire da zero. Stanchezza e depressione post-sgombero incideranno pesantemente. Ma il gruppo di attivisti e simpatizzanti ha già diverse idee in testa, anche su come rianimare quell’area politica un tempo chiamata Sinistra e che oggi non sa chi è, cosa fare, come farlo. Quindi mi aspetto una chiamata alla città per rimettersi in gioco tutti insieme.

Allo stato attuale il comune di Milano, guidato da una giunta a maggioranza PD presieduta dal sindaco Giuseppe Sala, è proprietaria dell’immobile che è gestito dalla Sogemi Spa, una società a capitale prevalentemente pubblico che ha il compito di creare degli utili per portare denaro fresco nelle casse del Comune. Il gruppo che ha occupato la palazzina da tempo aveva intavolato una trattativa con la giunta, che fino a qualche mese fa si era resa disponibile al dialogo_ tra le proposte fatte quella di acquisire l’immobile per poter continuare l’attività, anche sulla scorta di quanto accaduto a Napoli, e prendendo spunto dal modello tedesco di Mietshäuser Syndikat (una associazione che promuove l’acquisizione di edifici per gestirli in modo autonomo).

La situazione è però cambiata, l’assessore a Bilancio e Demanio Roberto Tasca ha dichiarato di avere in mente un progetto diverso per quell’area, di conseguenza i vari collettivi di MACAO si sono organizzati stilando questo comunicato (*) e invitando i cittadini a seguirli nella manifestazione pubblica che si terrà davanti al Teatro alla Scala e a Palazzo Marino venerdì 5 ottobre, giorno nel quale si dovrebbe discutere in consiglio comunale proprio delle sorti dello stabile di Viale Molise 68.

Noi nel nostro piccolo siamo con loro, più in generale con tutte quelle realtà indipendenti che propongono valide alternative critiche e culturali. Cercheremo di seguire ancora gli sviluppi della vicenda, nella speranza che non venga tolta alla città un’altra voce fuori dal coro.  

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“Vogliamo in questa fase essere molto schiett_. Non ci pare sia il tempo della retorica, dei giri di parole o delle prese di posizione moderate. C’è troppo in gioco per poter essere indiretti, per accogliere posizioni omertose e ambigue o per cercare di salvare ciascuno le proprie posizioni di comodo: certo, in gioco c’è MACAO, ma c’è anche la città di Milano, c’è anche la possibilità di ricostruire e immaginare uno spazio politico a partire dalle vite e dai bi/sogni delle persone.

Non stiamo parlando solo di difendere posizioni, luoghi e percorsi; per quanto possiamo amarli.

Andiamo per gradi.

Venerdì veniamo a sapere tramite ANSA che il Comune di Milano cederà le palazzine liberty di Viale Molise al fondo di investimento II gestito da BNP Paribas. Il meccanismo è semplice: a fronte della cessione, il Comune può mettere a bilancio il valore degli immobili inseriti nel fondo e “provare” a fare cassa svendendo patrimonio pubblico. Il Fondo, che scadrebbe a dicembre, ha avuto fino ad oggi come esito la vendita solo parziale degli immobili che vi erano stati conferiti; il Comune ha quindi deciso di ampliarlo e di prolungarne la durata, sperando in una ripresa del mercato immobiliare ed in modo da non dover ripagare alla banca gli immobili non venduti. Nell’ampliamento di questo Fondo sono dunque state inserite le palazzine di Viale Molise, tra le quali quella di MACAO, per un valore complessivo di oltre 22 milioni di €. E come per le case all’asta, il valore dell’immobile è dato anche dalla sua disponibilità, ovvero dal fatto che sia vuoto, ovvero dal fatto che sia sgomberato prima della vendita. Retour ligne automatique.
Insomma: cresce il debito dell’amministrazione pubblica e l’assessore al bilancio sgombera e vende MACAO.

Quello che non digeriamo è che questa Amministrazione (uno dei pochi governi di “sinistra” rimasti in Italia) squalifichi un discorso politico intavolato per anni sulla gestione del patrimonio pubblico come bene comune, sul diritto all’auto-organizzazione e all’auto-determinazone delle persone, derubricandolo in modo paternalistico e provinciale al “bisogno di aggregazione dei giovani”. E che per farlo, finga di stare nel campo neutro del bilancio: il metodo del male minore per cause di forza maggiore.

Anche se hanno provato ad abituarci a questo appiattimento, siamo stanch_ che il male minore sia la nostra pelle mentre la “forza maggiore” continua ad avere le ragioni delle lobby e della finanza; che il male minore siano i campi in Libia; che il male minore sia il DDL Cirinnà; che il male minore sia la riforma dell’Articolo 18 e della Scuola; che il male minore siano le donne ammazzate un giorno sì e l’altro pure all’interno delle mura domestiche; che il male minore sia la direttiva sul Copyright; che il male minore sia il costante stress da reddito intermittente in cui viviamo quotidianamente.

La logica del male minore ci ha traghettati in un mondo conservatore e reazionario, finendo per dare l’abbrivio al crescere prepotente delle destre e facendoci tornare indietro di decenni: tempi in cui le donne facevano le “Donne”, le persone non conformi alle norme si nascondevano, i dissidenti andavano al confino – e i treni arrivavano in orario.

Nel rapporto tra cittadin_ e governo della città, noi vogliamo Amministrazioni capaci di un altro dialogo, capaci di osare. A Napoli, ma non solo a Napoli: a Barcellona e a Londra, tanto per citare due delle più grosse metropoli Europee, il dialogo non è una concessione che un padre caritatevole fa ai suoi figlioli, come nella dichiarazione dell’Assessore Tasca.

Nel corso degli ultimi anni abbiamo accettato seriamente questa sfida politica, ci siamo mess_ in gioco, anche sedendoci ai tavoli delle istituzioni, mettendo le nostre competenze e il nostro lavoro (gratuito) nella costruzione di strumenti giuridici innovativi col preciso intento di portare Milano nell’alveo delle più innovative città d’Europa. Lo abbiamo fatto non solo perché è il mondo in cui vorremmo vivere, ma anche perché siamo cert_ che sia l’unico modo di essere all’altezza della sfida lanciata dalle destre sovraniste e l’unico modo per non vedere Milano soccombere ad esse.

Insomma, quello che ci preme, quello che spaventa, non è perdere un luogo, ma perdere il respiro: il diritto alla città, all’auto-derminazione dei corpi, alla giustizia sociale, al conflitto, alla creazione, alla sessualità che ci pare, a una vita vivibile.

Non è vero che destra e sinistra non esistono più. Nonostante oggi la realtà sia più complessa, questa falsa narrazione è una delle cause per cui abbiamo digerito ogni riduzione di diritti, di spazi, di possibilità. Destra e sinistra esistono eccome; ma la prima oggi ha una visione chiara di futuro, la seconda annaspa.

Il punto è che non possiamo più vivere nella cornice di questo racconto mortifero; non ci lasceremo trascinare da un’Amministrazione di “sinistra” in questo sepolcro. Perché anche questa città non sia consegnata alle tenebre dei “Salvini”, ha seriamente bisogno di poter immaginare altro; e per poter immaginare altro, ciò che esiste deve lasciare libero il campo, deve morire.

Stiamo parlando di un funerale; vi stiamo invitando – voi che volete immaginare, sfidare, scegliere – al Requiem for la Sinistra Neoliberale che si terrà il 5 ottobre alle ore 19.00 davanti a Palazzo Marino. Sarà un rito laico e sarà di tutt_.