PONTIAK, Dialectic Of Ignorance

Scorre qualcosa di oscuro sotto l’ultima prova dei fratelli Carney. Non affiora sempre, ma in apparenza guida di continuo le derive ipnagogiche che rendono Dialectic Of Ignorance un affare leggermente diverso rispetto al resto dell’ampia discografia dei tre rocker della Virginia. I Pontiak, infatti, qui ridefiniscono il loro tipico mix di hard rock, stoner e psichedelia, accentuando il peso sull’ultima componente, sacrificando testosterone sull’altare di un inquieto slancio lisergico.

Per certi versi simile a un deliquio agitato negli ultimi momenti prima del sonno, Dialectic Of Ignorance è costruito su iterazioni circolari di chitarra, riff polverosi sostenuti da una batteria ossessivamente metronomica, un nastro che si dipana lento e con insistenza, e che funge da loop ottundente, risaltando per contrasto le aperture soffuse delle tastiere, i mantra vocali ieratici e gli assoli acidissimi che si dimenano nell’atmosfera nebbiosa che contraddistingue il mood generale di questo nono lavoro dei fratelli Carney. Le tre tracce d’apertura segnano un po’ tutto l’andamento complessivo dell’album: su “Easy Does It” aleggia quasi una sconsolata aura sacrale, che si tramuta nel sabba minaccioso e obnubilante della prateria di “Ignorance Makes Me High” e nel clima di attesa nervosa di “Tomorrow Is Forgetting”. A seguire, hardblues sospesi, fuzz spinto e riverberi, i Pink Floyd a braccetto coi Sabbath, e una generale attitudine da jam notturna. Limitare l’eclettismo dei lavori precedenti, a conti fatti, pare essere stata una buona idea.