PLAKKAGGIO HC, Approdo

Approdo

Che la proposta hardcore venata oi! dei Plakkaggio HC avesse preso una sbandata per il black metal, almeno a livello concettuale, era già evidente da tempo, meno scontato pareva che questo diventasse un vero e proprio marchio di fabbrica per la band e non una semplice sbandata. Così, Approdo continua a strizzare l’occhio ai campioni del genere e cita addirittura Bathory e Immortal, oltre alla divinità pagana Cernunnos, il che non deve preoccupare troppo, perché a livello musicale siamo sempre di fronte al classico hardcore anthemico e trascinante della band, con i cori di strada che sgomitano a fianco di quelli da intonare con l’indice alzato. Piuttosto, si avverte una maggiore propensione al metal anni Ottanta come suono – niente metalcore, please – nel riffing e nel prendere a prestito alcuni momenti fondanti, vedi l’omaggio ai Thin Lizzy di “Whiskey In The Jar” (ora “Suoni Nelle Tasche”) o le strizzate d’occhio allo street-metal. Un ingrediente che non snatura ma va ad arricchire e rendere ancora più personale la formula dei Plakkaggio HC, sempre in rotta di collisione con la cristianità e sempre più legati al loro territorio, come in “Provincia” o “Thundra Rugby”. Oggi più che mai i ragazzi rappresentano un modo di sentire e vivere l’hardcore lontano dai cliché della vecchia e nuova scuola, un blend personale che prende ispirazione senza scrupoli da tutto ciò che li incuriosisce e in disprezzo a codici di sorta, aprono “Mentalità” come fossero nella Los Angeles degli anni Ottanta e la tuffano nello street-punk come fosse la cosa più naturale possibile, contro ogni buon senso. Così, non stupisce ritrovarsi di fronte all’afflato epico dei Bathory prima dell’ennesimo treno in faccia ai benpensanti che traghetta all’outro, anch’esso made in Norway. Tutto qui, un ulteriore disco costruito con passione e onestà da una formazione che non smentisce la propria abilità (anche tecnica) nel fondere e rimasticare suoni senza sottomettersi al giogo di ciò che va per la maggiore. Pollice su.