PATH & COLLATINO GODDAM, Cinema

PATH & COLLATINO GODDAM, Cinema

Path e la band Collatino Goddam ci regalano un disco eclettico ed elegante che è una goduria ascoltare, divertente da cantare e su cui magari vi ritroverete pure a riflettere.

Path è un elemento storico della scena punk-oi romana. Beh, in realtà non proprio romana, piuttosto di quella manciata di paesi che si affacciano sul lago di Bracciano. In questi piccoli borghi, a una quarantina di km dalla Capitale, a metà degli anni Zero c’era grande fermento. Ci si incontrava in una sala prove/studio di registrazione, il Muerto Studio di Manziana, dove i dischi si autoproducevano. Si organizzavano concerti (tra i quali memorabile il Pasquetta Hardcore) alimentati da un forte spirito di comunità. Oltre ai gruppi hc – Hospital, Rocco E I Suoi Fratelli, xCHARLIEx, Desperate Living… – c’era una compagine più stradaiola, che si ispirava all’oi! e si riconosceva nella Laida Provincia Crew. Di quest’ultima faceva parte Path, che suona prima nei Divergenza, poi negli Automatica Aggregazione e ne Gli Ultimi. Dal 2012, però, inizia una nuova fase: imbracciata la chitarra acustica, il nostro si lancia in un progetto solista. Canzoni folk che raccontano la crudezza dell’esperienza in questo mondo, la vita nei cantieri, l’ingiustizia sociale, la realtà di provincia. Riuscire a condensare in parole il dolore non è cosa da poco e i testi infatti sono il punto forte, composti in uno stile colloquiale ma senza rinunciare alla poesia. Almeno così fino allo scorso anno, quando è uscito Hombre Lobo Sessions. Con Cinema, invece, ci troviamo ad ascoltare uno stravolgimento. La ragione più evidente sta nel fatto che Path non si era mai fatto accompagnare da una band del genere. Al basso Emilano “Caciotta” (Tear Me Down, Oss!, La Furia!), alla chitarra Guido “Tiedbelly”, alla batteria Fabrizio Cristallo. I tre dimostrano di saper padroneggiare i loro strumenti per davvero, destreggiandosi tra stilemi soul, funk, folk, rock e punk (ma volendo anche country, jazz, r&b…). Con il loro aiuto il progetto di Path è maturato, ha conquistato orizzonti più ampi conservando l’autenticità (e prendendosi anche meno sul serio rispetto al passato). La vena cantautoriale ne esce esaltata, ma l’aspetto più interessante è forse il contrasto tra un’idea musicale molto chill-out e i testi impegnati e sofferti, che prendono di petto una realtà infame da cui spesso non sembra esserci via d’uscita (se non nel vino o in fughe immaginarie in territori lontani). Il risultato è un disco di cui l’etichetta Hellnation Records (un altro monumento dell’underground romano, produttrice di Path sin dagli inizi) deve andare fiera, e noi con loro.

Ogni canzone ha una sua peculiarità e uno stile diverso. “Piccola Storia Del Mondo”, la traccia scelta per il primo video, è quella con le atmosfere più marcatamente funky. Il testo è l’unico dove c’è fiducia nella possibilità di capire e cambiare la nostra condizione attraverso lo studio della storia e delle dinamiche di sfruttamento che hanno determinato il presente, evitando così di farsi fregare dagli idoli costruiti apposta per terrorizzarci… anche se non è semplice farsi ascoltare da chi si è adagiato in una routine accettata acriticamente, e si rischia di predicare al vento. “Scatole Vuote” è invece una malinconica cavalcata country-soul (con tocchi in stile poliziottesco). Il razzismo è un tema che ritorna spesso nel disco e “andate via! ma non ci dite dove” evoca tante immagini recenti di persone trattate come rifiuti da nascondere sotto il tappeto, sgomberate e sballottate da una parte all’altra di Roma (di cui vengono citati diversi quartieri). Come ha sempre insegnato il cattolicesimo, l’importante non è la realtà ma salvare le apparenze per quanto possibile. “Notte Bianca A Roma Est” è un ironico ma fedele ritratto del tritacarne in cui tanti di noi oggi si ritrovano. Path si prende gioco dei tic con cui la cocaina, sorta di stampella per sopravvivere alla frenetica e insensata vita di città, scandisce le giornate e inghiotte tutto il resto, con l’inevitabile difficoltà di uscirne (“magari solo un po’, magari solo un po’ sì”). Propaganda, l’ultimo pezzo, è un po’ un ritorno al passato. Di nuovo in acustico, imboccata l’armonica Path è ancora una volta un folkman che racconta una storia disgraziata… sulla quale però viene voglia di ballare.