Paranoia’s poison door: due dischi RareNoise

Ancora RareNoise.

BOBBY PREVITE – JAMIE SAFT – NELS CLINE, Music From the Early 21st Century

Tris d’assi per questo disco che sviluppa il classico concetto dell’organ trio verso territori inesplorati: Jamie Saft (Hammond, Fender Rhodes, MiniMoog), Nels Cline (chitarra elettrica) e Bobby Previte (batteria) improvvisano come furie, ispirati e siderali, febbrili e torrenziali, in dieci tracce che sondano mondi differenti mantenendo saldo il timone dell’ispirazione: il mood è sempre cosmico, acido; certe digressioni espanse dei Phish non sono così lontane, ma non ci sono confini per musicisti di questa levatura, capaci di suonare liberi e senza meta senza mai scadere nella didascalia o nella logorrea. L’incipit di “Photobomb” mette già le cose in chiaro: psichedelia jazz-rock della più bell’acqua, capace di swingare (“Parkour”), di lambire le jam dei Grateful Dead più ispirati (“The Extreme Present”) o galassie Alice Coltrane/Pharoah Sanders (“Totes”). Registrati dal vivo durante un tour nella East Coast nel 2019, questi dieci pezzi sono altrettante navicelle spaziali che oltrepassano l’atmosfera del noto per portarci dove l’aria e la gravità seguono altre leggi. Una musica che si ispira ad uno spirito sfacciatamente Settanta ma suona perfettamente attuale e credibile, urgente, pulsante, viva. I tre strumentisti dialogano con padronanza ed empatia, e chi ascolta gode. Cline tira fuori ogni sorta di suono dalla sua chitarra, vaneggiando come un crazy diamond in botta piena (ma buona); Previte sostiene, inventa, svisa, mantenendo sempre un grande drive ritmico, e Saft delira e apre mondi: sentitevi la magmatica, epica “Occession” per farvi una idea di ciò di cui sono capaci questi tre. Uno di quei dischi che ti ricordano perché spendi i pomeriggi da una vita ad ascoltare musica e poi anche a scriverne. Un tentativo di entrare in contatto con altre dimensioni, altri mondi. Si consiglia l’uso prolungato: allo stato attuale delle ricerche non sono stati riscontrati effetti collaterali. 

GIORGI MIKADZE, Georgian Microjamz

Musica tradizionale della Georgia, prog e jazz microtonale: questo inaudito mix è alla base dell’esordio del pianista/compositore Giorgi Mikadze, nativo di Tbilisi, qui accompagnato dal chitarrista David “Fuze” Fiuczysnki, dal bassista greco Panagiotis Andreou (che ha bazzicato gente come Mulatu Astatke) e dal batterista Sean Wright. La musica microtonale è la musica che utilizza i microtoni, ovverosia intervalli musicali minori di un semitono appartenente al sistema equamente temperato  o, come ebbe a dire il grande compositore Charles Ives, le note tra le fessure del pianoforte. Hanno trafficato con questo interessantissimo ambito musicisti tra i più diversi: da Greg Ginn dei Black Flag a Harry Partch, dai King Gizzard And The Lizard Wizard – che nel 2017 hanno intitolato un disco Flying Microtonal Banana – a Glenn Branca. I microtoni sono intervalli più piccoli dei semitoni e proprio per questo sono conosciuti come quarti di tono o microintervalli. L’uso di questi intervalli è molto presente, ad esempio, nella musica carnatica indiana. Fiuczynski, professore al Berklee College of Music di Boston, è molto dentro alla materia, la sta esplorando da anni (qui una breve dimostrazione di cosa significhi suonare i microtoni con un chitarra elettrica) e guarda caso Mikadze ha studiato con lui. L’idea stimolante è stata quella di inserire in questo contesto già di suo peculiare anche la musica georgiana: in tre pezzi, infatti, il quartetto è completato dalle voci del coro Ensemble Basiani, mentre in “Moaning” la voce è quella della cantante ed etnomusicologa Nana Valishvili. La lingua georgiana è assolutamente peculiare ed unica, non ha rapporti con le lingue dei paesi vicini: ogni pezzo di questo album allora trae ispirazione dalle diverse regioni del Paese. Il risultato è un alfabeto raro e senza uguali: al netto di qualche sbavata fusion che al mio orecchio suona poco felice, un disco fresco e interessante ed ha il raro pregio di suonare davvero diverso.