PAPA LEGBA IS OUR SENSEI, S/t

Una giungla, aprirsi e inventarsi una via a fatica nel regno del verde magnifico e terribile, dove dominano spiriti, animali, ombre, tenebre. Poi un colpo di machete, a tradimento. Cadiamo a terra ma non abbiamo visto chi ha sferrato il colpo. Siamo feriti, il sangue cola copioso e la vista si annebbia, ma dobbiamo andare avanti, prima che faccia buio. Sa di agguati e di evocazione “The Call”, l’incipit di questo ennesimo disco coraggioso e libero pubblicato da Setola di Maiale, Papa Legba Is Our Sensei, un duo formato da Alberto N.A. Turra (chitarra elettrica e mandolino percosso) e Alberto Pederneschi (batteria, percussioni, gong). La chitarra è una lama appuntita e sottile, chi la muove sa esattamente dove colpire e come fare male; ci muoviamo in una stranita terra di mezzo tra assalti all’arma bianca (quasi degli Arab On Radar che hanno messo da parte le anfetamine e si sono dati allo studio della musica, o gli Iceburn virati blues, in certi frangenti) e paludi (e)statiche da cui ci si aspetta che da un momento all’altro spuntino le fauci di un coccodrillo.

Cuba, 1997, Isla de la Juventud, un’isola nell’isola, dove si arriva in nave da Batabanò, sotto La Havana. Con un compagno di viaggio andiamo a visitare un allevamento proprio di coccodrilli e, siccome ci girava così, decidiamo di farci un quartino di acido prima di cominciare il giro. Nuvole minacciose incombono (che spettacolo le tempeste tropicali estive) ma il trip, dopo un po’ di tempo, non accenna affatto a salire. Visitiamo l’allevamento dei rettili, ricordo perfettamente le vasche con i piccoli che mozzicano il dito senza farti un graffio: intanto gli dei dell’emisfero boreale continuano a convocare i demoni della pioggia che però non rispondono alla chiamata, e lo stesso accade per il trip. Abbiamo vent’anni, siamo in un posto davvero lontano da tutto, eppure non accade nulla. Sembra un fumetto di Andrea Pazienza, finché un tuono non squarcia il silenzio e, proprio come in un fumetto di Andrea Pazienza, non incrocio lo sguardo grigio, cattivo e lento di un coccodrillo di 80 anni, orbo, ed esattamente in quel momento mi sale tutto l’acido. Boom! Perché racconto questo episodio privato? Non so esattamente quali sinapsi mi si siano attivate ma si è acceso il filo elettrico di questo ricordo. La stessa sensazione di sorpresa profonda, di decollo, di deriva, di ombra desiderata, familiare, ossuta e cocciuta. Nel voodoo haitiano (non siamo poi così lontani da Cuba, no?) Papa Legba è uno spirito mediatore tra l’uomo e il Dio supremo, un Loa, e il suo dovere è quello di aprire la strada ad altri regni. Figura archetipica per la musica afroamericana delle origini, evocato da Robert Johnson in “Crossroads Blues”, Papa Legba è il Sensei, il maestro di questi due ottimi musicisti che si ritrovano in studio due giorni e ne escono, dopo aver invocato i demoni dell’Ispirazione, con nove haiku sfuggenti ed appuntiti, in perfetto equilibrio tra blues luciferino, prog liofilizzato e mutante, ansie math, flussi di (in)coscienza, psichedelia rotolante e senza effetti collaterali, rock progredito e primitivo, devoluto e intuitivo: loro lo chiamano jazzcore devozionale, io la chiamo semplicemente grande musica, forgiata a un crocicchio. Yeeoo, standin’ at the crossroad tried to flag a ride: alzandomi in piedi ho cercato di tracciare un cerchio magico, canta Johnson nella citata “Crossroads Blues”. Lo stesso cerchio magico campeggia nella copertina di questo disco. Lunga vita a Setola di Maiale e molta, molta curiosità di testare questo progetto dal vivo: ci aspettiamo acidi (metaforici, lo dico a favore di polizia postale), viaggi, scintille. It’s only legba’n’roll, but we like it.

Tracklist

01. The Call
02. The Fright
03. The Fear
04. The Question
05. The Answer
06. The Commitment
07. The Pain
08. The Joy
09. The Flame