OZMOTIC, Elusive Balance

Ozmotic perché cercano la comunicanza tra sax, percussioni, elettronica e field recordings; Elusive Balance perché l’album vorrebbe parlarci dell’equilibrio sempre in divenire tra uomo e natura, e forse perché quella comunicanza  sonora non è un risultato così facile da ottenere senza forzare qualcosa.

Chi ascolta certa musica è bombardato da decenni di visioni catastrofiche del rapporto essere umano-pianeta Terra, per questo gli Ozmotic, al netto della malinconia di quel sax (sono su Touch, ma farebbero gola anche alla Denovali), sembrano molto saggi, misurati, quasi ottimisti sul futuro: se fossimo in un romanzo di Asimov, ci troveremmo probabilmente sul pianeta Gaia, quello coi telepati che tengono conto anche dell’opinione delle piante e dei sassi. Resti del glitch, drone, suoni della natura, strumenti musicali “reali” più o meno filtrati dal software sono cuciti assieme con estrema cura, senza che si veda il filo e senza alcun attrito. Persino i battiti, che comunque non sono mai regolari/lineari, non hanno quella concitazione o quell’imprevedibilità destabilizzanti, si limitano solo a suggerire che non tutto sia semplice. Ecco, forse verso la fine del disco il volto degli Ozmotic si fa più scuro, come se appunto ci volessero dire che a Gaia non ci siamo ancora arrivati e di strada da fare ce n’è parecchia. Per il resto, a volte danno l’idea di voler essere i primi della classe, qui noi preferiamo chi per un motivo o per un altro è finito in ultimo banco, il che non vuol dire che non abbiamo rispetto per quelli bravi…