Ottone Pesante: True Brass Metal

Quello degli Ottone Pesante è un nome che ha saputo ritagliarsi in poco tempo un proprio posto all’interno della scena metal grazie ad una proposta tanto coraggiosa quanto inusuale: la costruzione di brani metal con l’utilizzo dei fiati (trombone, tuba, tromba e flicorno) al posto dell’accoppiata chitarra e basso. La formazione, composta dagli ottoni di Francesco Bucci e Paolo Raineri e completata dalla batteria di Beppe Mondini, è riuscita ad attirare anche l’attenzione di un’etichetta importante come la Aural Music, che ha deciso di produrre il nuovo album DoomooD, un ulteriore passo avanti nella creazione di un suono che si svincola sempre più dall’effetto sorpresa e rafforza disco dopo disco l’impressione di trovarsi di fronte a un percorso ricco di potenzialità e di spazi di manovra. Per questo, abbiamo contattato la band per comprendere cosa si cela dietro una intuizione solo all’apparenza stravagante.

In un periodo in cui i gruppi emergenti e underground fanno una fatica tremenda a conquistarsi l’attenzione del pubblico, attorno agli Ottone Pesante nel giro di pochi anni si è creato molto interesse. Quali sono, secondo voi, i punti di forza del vostro progetto?

Francesco: Credo che i punti fondamentali siano due. Innanzitutto la nostra proposta è assolutamente unica e può piacere ai fruitori di musica a 360°, dal metal, al jazz, al noise, alla musica delle brass band… L’altro punto fondamentale è che dietro c’è un impegno costante su tutti i fronti: concerti, promozione, comunicazione, social, gestione del merchandise. Una macchina che si è messa in moto da subito e che ancora non ha rallentato (pandemie a parte). In realtà, poi, c’è un altro aspetto fondamentale: ci abbiamo creduto tantissimo da subito, prendendoci anche tantissimi rischi e investendo risparmi e moltissimo tempo.

L’ascoltatore “medio” di musica estrema è notoriamente sospettoso di fronte a proposte che presentino elementi troppo inusuali. Volendo fare dell’ironia, potremmo dire che tromba e trombone siano poco “true”. Come si concilia in fase di composizione l’utilizzo dei fiati nell’ottica di ottenere un disco “metal”?

Francesco: La cosa fondamentale è non curarsi di quello che potrebbero pensare agli altri, ma concentrarsi solo sulla musica. Per me e Paolo è una cosa molto naturale, in realtà, perché siamo sia metallari che strumentisti rispettivamente di trombone e tromba. Per me scrivere un riff è molto naturale, anche perché di solito nasce direttamente dall’immaginazione. Prima mi risuona in testa e poi lo “traduco” in note, quindi potrebbe funzionare benissimo anche con una chitarra, per esempio. Di sicuro per me è più “true” fare metal in questa maniera!

La vostra musica ha un forte taglio visivo, quasi cinematografico, un aspetto che risalta in modo evidente dal video realizzato per “Tentacles” in cui musica e immagini si fondono per aggiungere ulteriore profondità alla vostra proposta. Avete mai pensato di cimentarvi con una colonna sonora o comunque con un progetto interdisciplinare ad ampio respiro?

Francesco: Questa è una domanda che ci fanno spessissimo e devo dire ci fa molto piacere. Al momento abbiamo sempre ragionato partendo dalla musica e dal concept di ogni nostro disco per realizzare i nostri video. Uniche eccezioni sono state: una cover della colonna sonora di “House of Cards” per una compilation e il trailer di un film horror / porno / splatter (anche se in questo caso è stato il regista a scegliere un nostro pezzo già esistente). Abbiamo molte idee sulle quali stiamo ragionando e credo includeremo anche questa, grazie!

Qual è in generale il vostro rapporto con il mondo delle arti visive? Pensate che cinema e pittura possano essere annoverate tra le vostre fonti di ispirazioni? Cosa vi ispira nel momento di comporre un nuovo disco, da cosa traete spunto nel momento di mettere in musica le vostre idee?

Paolo: Sicuramente le arti visive ci ispirano anche inconsapevolmente, è difficile non portare traccia dentro di sé di forme d’arte visiva e non cercare di proporle sotto diversa forma anche se non esplicitamente e in modo pienamente consapevole. Quello che ci ispira quando scriviamo un nuovo disco è l’atmosfera che vogliamo far percepire: solitamente ci mettiamo dei paletti per delimitare lo spazio di libertà che ci diamo in ogni lavoro. In questo modo riusciamo a concentraci al meglio su dettagli e piccoli elementi che altrimenti verrebbero ignorati.

Siete in giro ormai da vari anni e avete già diverse uscite all’attivo, come credete si sia evoluto il vostro suono nel corso di questo lasso di tempo?

Francesco: Si è evoluto sia dal punto di vista della scrittura, ma soprattutto dal punto di vista della ricerca sonora. Una delle sfide più grandi è stata la sperimentazione con gli effetti (distorsori, octaver…) sia in campo live che in studio. Basti pensare, ad esempio, che non esistono pedali appositi per gli ottoni. Devo dire che con l’ultimo lavoro realizzato con Riccardo Pasini allo Studio 73 siamo riusciti ad ottenere una profondità, una pesantezza e un equilibrio che stavamo cercando fin dall’inizio.

Come vi muovete per sopperire all’inevitabile affievolirsi dell’effetto sorpresa causato inizialmente dal vostro approccio irrituale al metal? In pratica, avete mai temuto di incappare nell’effetto Sunn O)))?

Francesco: Personalmente credo stiamo dimostrando che Ottone Pesante sia molto più solido di ciò che si possa pensare. Quest’ultimo disco DoomooD ne è la prova: rispetto ai primi lavori sembra che non abbia niente a che fare. Non sento questa responsabilità. Qua si va avanti sperimentando e facendo ciò che ci piace e lo si fa soprattutto per noi stessi. Le idee sono tante e ci vorrà tempo prima che si esauriscano. Personalmente sono pochissimi i gruppi di cui ho quasi tutti i dischi perché quando si ripetono perdono il mio interesse: cercheremo sempre di portare qualcosa di nuovo.

Dopo alcuni anni come “indipendenti” siete stati accolti alla corte della Aural Music, etichetta che, tra gli altri, gestisce anche i Messa. Come ha influito sul vostro modo di lavorare e che prospettive può aprire ad un gruppo l’avere alle spalle un’etichetta solida?

Paolo: Il nostro modo di lavorare non ha subito alcuna variazione, invece le prospettive si sono allargate: possiamo ora contare su un’etichetta con distribuzione mondiale e, speriamo, di raggiungere sempre più pubblico. Vediamo questa come una cosa molto naturale: siamo partiti diy e dopo un po’ di anni che “ci facevamo il mazzo” (dischi, tour, booking, promo) qualcuno ha iniziato ad interessarsi e a volerci dare una mano per far crescere il progetto.

In base alla vostra esperienza, rimanere indipendenti e fedeli al “do it yourself” al giorno d’oggi può rappresentare uno svantaggio?  Soprattutto cosa significano per voi termini come diy e underground nell’epoca di internet e delle piattaforme di musica digitali?

Paolo: Non lo vediamo come uno svantaggio. Noi siamo partiti dal diy puro facendo tutto, dalla produzione dei dischi al booking, dalla promo alle stampe ed era giusto così. Andando avanti con gli anni e avendo l’occasione di girare mezza Europa per un tot di volte ci siamo creati il nostro pubblico di nicchia che ci segue e ci sostiene. Pensate solo se all’inizio fossimo andati da un’etichetta dicendo: “Hey, noi siamo gli Ottone Pesante e facciamo metal estremo con tromba, trombone e batteria”. Non credo ci avrebbero preso sul serio. Ora che abbiamo dimostrato che il progetto funziona le dinamiche cambiano. Il diy nell’underground è quasi un obbligo più che una scelta, ma ha molti lati positivi: puoi decidere tutto della tua musica, delle grafiche e, se ti impegni, puoi fare anche dei bei tour. Questo ti serve per capire se il tuo progetto funziona sul campo o se avevi fatto un errore di valutazione. Il contro è che è tutto sulle tue spalle, nel bene e nel male. Sulle piattaforme digitali il discorso è complicato, le vediamo come una vetrina dove tantissima gente ti può trovare e ascoltare la tua musica. Tu sai che non ci guadagnerai niente o quasi ma magari qualcuno verrà ai tuoi live e si comprerà pure il disco, sta sempre a te decidere se esserci o no.

Si discute molto dell’importanza di un utilizzo efficace dei social da parte degli artisti, nonché della necessità di sfornare nuovo materiale con una frequenza sempre maggiore allo scopo di mantenere viva l’attenzione del pubblico. Quale è la “politica” degli Ottone Pesante in merito?

Francesco: Sono vere entrambe le cose. Per quel che riguarda l’aspetto musicale siamo fortunati, siamo molto produttivi e prolifici, ma perché ci piace quindi non lo vediamo come un peso. L’utilizzo dei social è fondamentale per restare a galla nel marasma generale, nel bombardamento di pubblicità e quant’altro, e ti permette di rimanere in contatto coi fan che quindi sanno dove sarai a suonare, sanno che c’è un nuovo disco in uscita e lo possono comprare tramite i nostri canali…  Qui è un po’ più difficile per noi, perché non siamo dei geni della comunicazione, anzi.

Purtroppo in epoca di Covid le attività live hanno subito un forte stop, come vi state muovendo per far fronte a questa limitazione e come pensate sarà possibile riavvicinarsi ai live (soprattutto con l’arrivo dell’autunno e l’impossibilità di utilizzare spazi all’aperto) in attesa di un vaccino? C’è qualche proposta tra quelle fatte finora che vi ha in qualche modo incuriosito o vi è apparsa più efficace?

Paolo: Per il momento stiamo cercando di sopravvivere e speriamo che al più presto si possa tornare a suonare live anche se con ingressi contingentati e tutto quello che comporta. Di proposte se ne sono viste tante e parecchie mi sembrano poco attuabili. Una che mi sento di sponsorizzare nel momento in cui si potrà ritornare a fare live è abituare il pubblico al biglietto di ingresso (anche basso): è una pratica comune in tutta Europa ma che in Italia spesso non vediamo. Questo aiuterebbe band, locale e promoter a rendere più sostenibile il live. C’è molto bisogno di tornare dal vivo e di sentire il supporto della gente altrimenti il rischio che il mondo dell’underground sparisca è quantomeno serio.

Grazie mille del vostro tempo, lascio a voi i saluti finali e le indicazioni aggiuntive sul come raggiungervi e restare aggiornati…

Paolo: Grazie mille a voi per lo spazio concesso! Potete trovarci sui social principali (Facebook, Instagram, Youtube…) e se volete preordinare il nostro disco vi lasciamo il link.