OTTONE PESANTE, Brassphemy Set in Stone

All’epoca dell’omonimo ep del 2015, gli Ottone Pesante avevano suscitato una certa curiosità con il loro “brass death metal” fatto di ottoni, batteria e nulla più. Lavoro sicuramente riuscito, ma forse frettolosamente derubricato a “esperimento singolare”, sulla cui evoluzione futura c’erano interrogativi. Alle domande di quella volta risponde oggi questo primo album, in cui Paolo Raineri (tromba) e Francesco Bucci (trombone) cambiano compagno di viaggio (Beppe Mondini alla batteria al posto di Simone Cavina) e alzano la posta in gioco, fugando ogni dubbio sul fatto se stiano realmente facendo sul serio.

Nonostante la formazione possa far pensare a qualcosa di assimilabile alle atmosfere jazz core di delle creature più estreme di John Zorn, in questi 33 minuti non c’è nemmeno un secondo di spazio per l’improvvisazione.
Raineri e Bucci (già apprezzati come sezione fiati aggiunta dei Calibro 35) si dimostrano grandi fan del metal più estremo e sfoderano una serie di riff granitici per tromba e trombone che si rifanno in modo più o meno esplicito a grandi classici come Slayer, In Flames e Meshuggah: se qualcuno si sta domandando quale possa essere la portata distruttiva di un metal suonato senza nemmeno uno strumento a corda, è invitato ad ascoltare l’incipit di “Brutal” o il doom ultraespanso di “Trombstone”.
Lasciato per strada per quanto possibile quel retrogusto balcanico che “sporcava” qua e là l’ep d’esordio (anche se in alcuni frangenti sembra ancora di trovarsi di fronte a un “Kusturica plays Reign in Blood”), i tre Ottone Pesante sfornano composizioni serrate, potenti e sempre più complicate dal punto di vista tecnico, procedendo compatti e col fragore provocato da un esercito ben più numeroso.

Registrato in presa diretta da Tommaso Colliva (Calibro 35) e affidato alle sapienti mani di SoloMacello per quanto riguarda l’artwork, Brassphemy Set in Stone è un disco valido, e riguardo ai dubbi su quanto possa durare in realtà un gioco del genere, preferiamo farci sorprendere una seconda volta.

Talento, passione e potenza primordiale ottenuta senza usare nemmeno un po’ di corrente elettrica.