ONQ, Luca Galuppini

Era da tempo che meditavo di approfondire un minimo la conoscenza dello spezzino Luca Galuppini, in arte ONQ. Più volte mi era stato fatto notare che su di lui era calato il silenzio troppo in fretta e che in passato aveva fatto uscire una serie di album notevoli. Qualche mese fa Stefano – My Dear Killer ha rimesso in circolo Canzoni Tutte Uguali e io ho deciso di approfondire la faccenda, scrivendo al diretto interessato, che si è dimostrato da subito disponibile a rispondere alle mie curiosità. Confesso che mi aspettavo l’esatto contrario…

Un’ultima premessa: ONQ ha pubblicato molte cose tra la metà degli anni Novanta e la metà dei Duemila ed approfondirle tutte resta un lavoro lungo da fare, intanto se ci riuscite recuperate almeno The Supreme Weight (2001) e Dasein Ohne Leben (2002). Poi, se la “scimmia” vi sale forte, potrete completare il discorso col resto della discografia. Partire da Canzoni Tutte Uguali va comunque più che bene, e le sue parole schiette possono essere utili per iniziarvi al culto dell’Onco.

Canzoni Tutte Uguali somiglia a un piccolo scrigno del quale erano a conoscenza giusto quei pochi fan. Io lo trovo un album ancora molto attuale e soprattutto a suo modo “puro”, viscerale. Quando lo hai riascoltato, hai provato le stesse sensazioni di quando lo avevi registrato?

Luca Galuppini: Quando registri musica, fin dal giorno dopo la pubblicazione cominci a notare sciocchezze e ingenuità che rifaresti diversamente ma non puoi più. Queste cose sono invisibili agli altri ascoltatori, ma rovinano l’esperienza del riascolto all’artista (che sarei io). Tuttavia il disco ormai ha tredici anni, è entrato nella pubertà e per questo tendo a perdonargli certe intemperanze. Mi piace ancora, e ho ancora le stesse fantasie escatologiche che l’hanno ispirato.

Tra gli autori dei testi figurano anche lo spezzino, se non erro, Valerio Sartori e il torinese Roberto Canella. Ci sono poi i campionamenti di Giampaolo Loffredo, cioè Lebenswelt, Campofame e Ida. Si tratta di un disco peculiare anche perché a più voci insomma…

Valerio era un membro del gruppo, quando ONQ era un gruppo, vale a dire fino al 2003, ed ha scritto alcuni versi di “La Confessione di Lato”. Mi piace la sua capacità di creare personaggi, come appunto questo Lato. Il Canella mi ha suggerito qualche idea e limatura. A proposito, recentemente è uscito il suo primo volume di poesie “Il Nostro Amore Distruggerà il Mondo” (Sartoria Utopia Edizioni), che segnalo oggi ai tuoi lettori per rendergli il favore, e perché merita. I campionamenti sono irriconoscibili, ma accreditati più per salutare i miei amici nelle note di copertina che altro. Dimentichi la collaborazione ben più evidente delle tre ragazze che hanno cantato sul disco, riempiendomi di orgoglio machista. In generale però non lo vedo come disco a più voci, al contrario si è trattato di un ritorno a una chiusura solipsistica, seguita all’esperienza del gruppo, pur positiva, che si era appena conclusa.

Mi fai una breve storia della tua carriera di musicista? Cosa ascoltavi da ragazzo? Ad esempio nella tape “Robachefaonco” ci sono cover di Nirvana, Joy Division, Björk, Primus, Guns N’Roses… Sei anche passato nei Morose…

Non so dove hai ripescato “Robachefaonco”, una cassetta che ho registrato a 16 anni con queste cover improbabili… Comunque sì, ascoltavo quello che i sedicenni ascoltavano negli anni Novanta, specializzandomi poi nell’indie rock dopo essere stato folgorato dai Sonic Youth e dalle cose della Touch And Go. Oltre che nei Morose ho partecipato a progetti di vario genere, per esempio grind-core patologico con i Thanatologist, o harsh noise con gli Antenna 59, dark ambient con gli Aere Aeternus, per citare solo quelli arrivati alla pubblicazione di un disco. Mi sembrava importante saper cambiare registro.

A un certo punto, dopo una lunga serie di dischi più che carbonari, in particolare cassette per la tua Chupa Verga Recordings, decidi di smettere di suonare, o per lo meno di pubblicare cose nuove. Mi pare fisiologico… o ci sono altre motivazioni?

È molto forte la motivazione che chiami “fisiologica”, infatti nel 2005 ho cominciato a lavorare, e questo ha piantato un bel chiodo sulla bara del tempo che potevo dedicare alla musica, poi sono seguiti il matrimonio, un bambino e un lavoro sempre più pervasivo. Prima ascoltavo musica tutto il giorno (letteralmente), ora non posso più farlo, quello è per me un prerequisito fondamentale per suonare. Poi c’era la componente sociale-relazionale che mi stava sempre più stretta. Ma più in generale suonavo per una specie di bisogno di farlo, e somigliava sempre più ad una dipendenza dalla quale volevo uscire. Prevedibilmente, sono poi caduto in altre ossessioni, la più notevole quella per la cartografia, ora sto attraversando una fase “falegnameristica”.

Hai preso parte al ritorno di My Dear Killer, The Electric Dragon Of Venus. Stefano peraltro credo ti abbia convinto a ristampare Canzoni Tutte Uguali in una tiratura limitatissima a quindici copie…

Stefano mi tira sempre per la giacchetta quando si tratta di suonare, anche se riceve da me un aiuto ogni volta inferiore (per suonare, come per il pugilato, bisogna essere sempre allenati, e io non lo sono). Del resto come puoi dire di no, quando ti chiede le cose con quegli occhioni? Si è rivelato però uno scaltro commerciante, facendo passare per ristampa le copie di sua distribuzione del disco. In realtà Canzoni Tutte Uguali ha sempre avuto un modello distributivo ereditato dal mondo delle tape-label degli anni Novanta: per risparmiare sulle spese di spedizione, si spediva una sola copia della cassetta alla distribuzione, insieme ad un certo numero di copertine magari numerate a mano, la distro poi duplicava in proprio le altre copie (l’alta fedeltà non era un problema), usando le copertine originali per la confezione. Questa pratica era già in disuso nei primi anni Duemila, infatti solo pochi cd-r, tra cui il mio, sono distribuiti in questo modo, poi con l’ADSL è diventato pratico spedire la musica via Internet e tutto questo non ha avuto più senso. Si fa molto prima a dire “ho ristampato”, ma prima di Bandcamp distribuire un disco autoprodotto voleva dire ancora pacchettini, carta con le bollicine, fotocopie, francobolli, scotch e forbici.

Come vedi dal tuo punto di vista l’underground italiano di oggi? Segui qualche band o artista in particolare?

No, non riesco a seguire nulla, ad eccezione degli amici di allora che ancora si ostinano a mandarmi i loro nuovi lavori (entrambi già citati sopra). E gli Uochi Toki, sono eccezionali, ma ormai sono (meritatamente) delle superstar. Sono sicuro che ci siano molte cose interessanti nell’underground, i mezzi a disposizione dei musicisti sono oggi smisuratamente superiori e dovrebbe essere più facile, almeno dal punto di vista tecnico, fare uscire qualcosa di dignitoso. Mi consigli qualcosa tu?

Conti di tornare a registrare musica inedita?

Ho un amico che mi tiene aggiornato sulle nuove uscite nel campo degli strumenti elettronici, e in effetti mi incuriosiscono molto. Poi ci sono le chitarre che costruisco io, che mi piacerebbe anche usare. Al momento non ho però né idee particolari né tempo a disposizione per metterle eventualmente in pratica. Insomma, non conto di tornare a suonare nell’immediato futuro, ma sul sito dell’INPS ho calcolato che nel 2047 andrò in pensione, quindi chissà…