OMZA, Otto Maddox Zen Academy [+ full album stream]

Alla fine è uscito un album degli OMZA, con suoni perfetti e grafiche più che all’altezza: otto potenziali singoli, scritti nel corso degli anni, più la cover di “Moonage Daydream” di Bowie (che quasi sembra fusa con “Snowblind” dei Sabbath). Ve l’ho già detto una volta, li conosco e li avrò visti mille volte, insomma non sono molto obiettivo, ma sostanzialmente non è che ci si possa girare molto attorno: sono un gruppo che scrive canzoni, una cosa che in epoca di sotto-sotto-sotto-generi non fa più nessuno (a parte Calcutta, solo che le sue cose fanno schifo al cazzo), e che assomiglia a tantissimi suoi predecessori senza mai copiarli, complice il fatto che i ragazzi (?) arrivano da tante esperienze diverse nella scena locale triestina e che dunque hanno assorbito tutta una serie di influenze (nient’affatto esoteriche: rock/hard rock classico, alternative/indie rock ormai altrettanto classico, qualcosa dei Duemila giusto per essere un po’ più freschi) e hanno imparato tutti i trucchi del mestiere, approfittando anche di una delle voci migliori disponibili da queste parti, che credo come riferimento iniziale abbia avuto il caro vecchio Ozzy.

Si corre senz’alcuna fatica in mezzo agli oh yeah, alright! e ai no not again! di testi che sembrano più pop e divertiti che rock, mentre riff e assoli innescano il gioco dei rimandi, con un pensiero ricorrente in testa: fino a un certo punto della storia umana, le radio avrebbero passato di continuo gli OMZA, e non per poco tempo. Disco clamorosamente da macchina, speriamo riescano a portarlo in giro per i palchi.