OBITUARY, S/t

Nel 2017 gli Obituary, leggendaria band esponente di quella scena death metal made in Florida che tanto ha mandato in solluchero gli ascoltatori di suoni estremi in giro per il globo, se ne escono con un nuovo album e lo chiamano semplicemente Obituary. Tanto semplice quanto ciò che suonano: death metal, senza tanti fronzoli.

Gli Obituary nel 2017 sono un gruppo granitico, in grado di mettere ancora in riga un bel po’ di giovani band, soprattutto dal vivo (le ultime due volte che li ho visti hanno spazzato via tutto senza fare troppi complimenti). I fratelli Tardy e i loro soci continuano a muoversi come un bulldozer, dando alla luce dieci pezzi potenti e ben amalgamati tra di loro. Basta ascoltare l’attacco (con ugh! iniziale di John Tardy) di “Brave” per capire come il gruppo sia ancora saldamente in sella, anche dopo anni. L’apporto alle chitarre di Kenny Andrews (entrato nel 2012) ha dato una sorta di sferzata moderna al suono dell’obitorio: se da un lato il riffing crunchy è immutato, dall’altro Andrews ha contribuito con assoli maggiormente allungati e tecnici rispetto al passato. Il resto è sempre e comunque garanzia: Peres all’altra ascia è un monolite, il fratello di John (Donald) è sempre massiccio nel suo drumming, assassino nelle parti veloci e malato in quelle lente, le stesse che hanno reso gli Obituary famosi. Al basso Terry Butler (figura di culto del death metal americano, perché ha suonato con Death, Massacre e Six Feet Under: la crema, per quanto mi riguarda) arriva tonante e minaccioso. La voce di John Tardy non perde un’oncia di potenza ed ha acquisito maturità timbrica nel corso di decenni di dischi e live set. Detto ciò, non posso che affermare welcome back Obituary!