NUCLEUS, Entity

Ero pronto a farmi spazzare via dai Nucleus. Si fa un gran parlare di questo gruppo di Chicago: commenti unanimemente positivi e anche le vendite in apparenza stanno andando col maestrale in poppa. Quindi “ero” pronto, ed “ero” ancora più pronto dopo la mezza delusione dovuta al disco dei Nocturnus AD, coi quali hanno in comune le tematiche fantascientifiche (anche la copertina di Entity non può non ricordare Tresholds dei Nocturnus, anche se è un illustrazione fantascientifica più “classica”) e il death metal. E invece mi ritrovo a non condividere tanto entusiasmo collettivo. Sembra che oggi, così come nella società di cui la scena metal fa inevitabilmente parte, ci sia una gran voglia di creare miti e eroi, nell’impossibilità di una loro spontanea emersione. I Nucleus sono un gruppo molto buono, che fa un death metal particolarmente elaborato: a un approccio in stile secondi Gorguts uniscono le occasionali dissonanze altrettanto canadesi di Voivod e Obliveon (così restiamo in ambito metal & science fiction) e una preponderante vena in stile Incantation nell’alternare le parti più brutali e veloci a quelle più rallentate, senza dimenticare le assonanze nello stile vocale. Non si tratta, perciò, di death metal di facile ascolto, bensì di architetture dove l’armonia è bandita, non certo di canzoni perché non rimarrebbero in testa nemmeno al millesimo ascolto. E fin qui nulla di male, si tratta di scelte artistiche più che rispettabili. Ciò che però affossa veramente il disco è il suono. Anche questa è una scelta artistica, perché si tratta della ormai ricorrente overdose di riverbero a tutti i livelli. Con certi gruppi funziona meglio, vedi i Portal; con i Nucleus l’effetto è quello di un appiattimento generale, tutti gli strumenti sono lontani e fanno fatica a spingere, pensate alla differenza fra un treno che passa a due centimetri dal nostro naso e uno che passa in lontananza. In unione alle caratteristiche specifiche della musica diventa veramente una gran fatica arrivare in fondo al disco. Mi rendo che questo tipo di suono piace ed è ricorrente, da parte mia la trovo una “scelta artisitica” del cavolo perché degrada in maniera sostanziale quanto di buono fatto a livello compositivo ed esecutivo.