NOVAE MILITIAE, Gash’khalah

Era difficile credere che un sottogenere del black metal, identificato come “religious”, avesse ancora qualcosa da dire a dieci anni dalla sua esplosione.

Parlare dell’attuale panorama “religious” black metal significa citare esplicitamente Deathspell Omega e Blut Aus Nord e poi, implicitamente, gli Antaeus, gli Aosoth o i S.V.E.S.T., tutte formazioni francesi diverse nelle loro similitudini: monumentali e caotiche, riflessive e distruttive. Le prime band che dal 2002-2003 in poi ripresero in mano il satanismo erano invece quasi tutte svedesi (Ondskapt, Funeral Mist, Ofermod, Watain…): in ogni caso, sia queste, sia i due capisaldi francesi appena menzionati, non si limitarono a chiamare in causa dei LaVey qualunque o il solito strattonato Crowley, ma fecero lavoro di iconologia molto più mirato. Capirono che per distruggere il cristianesimo si doveva agire dall’interno, studiandolo e conoscendolo per fondare poi un linguaggio che avrebbe utilizzato le stesse lettere e gli stessi fonemi: la scrittura e il parlato in latino, la Bibbia, l’Antico Testamento ma, soprattutto, il Libro della Rivelazione sono alcuni dei pilastri letterari portanti per creare quello che è davvero l’anti-cristianesimo; la mistica ebraica, i riti magici e occulti mesopotamici non fanno altro che arricchire e potenziare questo nero rituale. Come la Chiesa medievale, che indottrinava i fedeli con le immagini, anche questa fiorente ondata di black metal religioso attinge dalla pittura e dall’architettura storiche per ribaltarle o modificarne i dettagli, compiere dei collage per una personale riscrittura del racconto. A completare questo quadro infernale possono essere messe anche band come Batushka, Necros Christos e Demonomancy, con le loro infernali rivisitazioni di Doré o di Piranesi. Non siamo lontani dall’istaurazione del culto dei Santi su quelli delle divinità precedenti, né si tratta di un modo di agire diverso da quello di chi costruì le prime chiese là dove prima c’erano templi pagani o sopra i luoghi di martirio.

In questo contesto si inseriscono anche i Novae Militiae, sempre francesi e sempre circondati da un’aura di mistero e di anonimato. Gash’khalah è uscito in formato digitale l’anno scorso, ma solo oggi si presenta con una sontuosa veste grafica, sia in cassetta, sia in vinile. Il portale del Giudizio Universale di Notre-Dame rappresenta graficamente tutto il peso dell’umanità e l’angoscia di quel momento: otto lunghe tracce descrivono l’oblio e il tormento delle anime scartate dalla bilancia di San Michele. Il disco si apre con canti liturgici, le chitarre sono pienissime, corpose e su tonalità medio-basse, ma non emergono mai prepotenti in primo piano; stessa faccenda per la batteria che, pur eseguendo i movimenti più infernali, rimane in fondo a una lunga navata, col rumore dei piatti che prende il sopravvento sulle altre percussioni. Si sentono urla a metà strada fra il gutturale e il ruggito di una bestia, che dipingono lo straziante panorama dei dannati messi in ombra dal dito accusatore di Dio. Quando la batteria spinge all’ennesima potenza, le chitarre vengono accarezzate da lunghe note dolenti, come alla fine di “The Chasm Of The Cross”. In generale si toccano i momenti più distruttivi di De Mysteriis Dom Sathanas o di Si Monumentum Requiris, Circumspice: le parti conclusive di “Daemon Est Deus Inversus” o “Black Temple Of Consecration” sono quanto di più impressionante si sia mai sentito, forse solo Attila Csihar o i primi Ondskapt sono riusciti a mettere in scena simili possessioni. Man mano che si avanza con l’ascolto si sente chiaramente l’influsso dei Deathspell Omega e dei Blut Aus Nord, fusi però in un gorgo pastoso di chitarre simile ai fumi psichedelici degli Skaphe, anche se i Novae Militae sono impegnati a far uscire un suono compatto come il marmo e pesante come il porfido. Dei labili synth non fanno altro che legare e aggiungere densità a questo fango nero come la pece, mentre alcune delle fasi più lente dei pezzi danno forma a una nauseante marea pronta ad annegarci. Dall’altare si parla di Annunciazione, del Tempio della Consacrazione, della Distruzione degli Idoli (tanto per tradurre alcuni titoli). L’attacco al cristianesimo e il perfezionamento della dottrina satanica avvengono all’interno degli stessi luoghi sacri, non a caso il primo ep della band raffigura l’Anticristo di Signorelli, segnale che il Demonio è appartenuto a una raffinata cultura sacra che può essere rovesciata grazie a particolari canali di comunicazione. E Gash’kahlah è un complesso ma efficace prodotto di comunicazione con il quale i Novae Militiae prendono il logos di Dio (il loro sigillo contiene addirittura il tetragramma) per donarlo a Satana, regalandoci uno dei dischi black metal più affascinanti degli ultimi anni.