NINOS DU BRASIL, Muito N.D.B.

Muito N.D.B.
La leggenda narra che i Ninos Du Brasil siano tre teppistelli cresciuti in una sorta di affollatissima comune alla periferia di Salvador de Bahia. La baracca in questione è poco più di una topaia. Caldo. Caldo umido, di quello che ti si attacca addosso e ti fa bere birra gelata in lattina fino a svenire. Una dozzina di radio a transistor continuamente in funzione sono appese in giro e sintonizzate sulle stazioni locali che trasmettono a rotazione classici del samba, choro, forrò e ogni altro tipo di musica popolare carioca. Ottenute con mezzi non troppo leciti, ci sono anche una tv via cavo e una connessione a internet. Sbracati su un paio di divani lerci, i Ninos iniziano a guardare ed ascoltare senza sosta tutto ciò che capita sullo schermo: sfilate di moda, concerti hardcore/punk, documentari sui pappagalli, musica techno, partite di calcio del campionato inglese, mostre d’arte contemporanea. Ma nonostante l’indolenza tipicamente tropicale che li circonda, non sembrano voler soccombere. Addobbano la baracca con tutto ciò che riescono a recuperare in giro e si preparano per una sorta di carnevale permanente che somiglia tanto a un rituale collettivo del candomblé, dove qualcuno ha pure introdotto massicce dosi di anfetamina e LSD, annaffiando il tutto con litri di cachacha. A ogni ora del giorno e della notte, ma in special modo della notte, da quelle finestre ormai sfondate da anni fuoriesce un frastuono continuo e disordinato che intimorisce chi si trova a passare da lì per caso… e magari non conosce le mitologiche gesta dei “ragazzi”: urla belluine e cori da stadio, danze scomposte e percussioni di ogni genere che continuano ad andare senza sosta. Qualcuno ha pensato bene di recuperare anche una vecchia console da dj, un campionatore antidiluviano e altra immondizia proto-elettronica trovata in un cassonetto alla fine dei festeggiamenti per il carnevale bahiano del 1988. Attratti dalle immagini patinate che arrivano dall’Europa nel 2010 i Ninos decidono di lasciare temporaneamente le assolate spiagge brasileire per farsi un giro nel Vecchio Continente. L’accoglienza è delle migliori. Vengono invitati a prestigiosi festival come il romano Dissonanze, la Biennale di Architettura di Venezia o il festival organizzato ad Anversa dall’etichetta Ultra Eczema (che produce loro anche il 7” contenente lo slogan generazionale “Tuppelo”). Nel frattempo, dopo aver assunto identità fittizie, cominciano a portare avanti nuovi progetti. Nico canta in gruppi hardcore come Lago Morto e With Love e collabora con personaggi del calibro di Prurient, Stephen O’Malley, Ghedalia Tazartes, Z’EV e Aaron Dilloway. Riccardo suona con Nico nei Lago Morto, e mette su gli A Flower Kollapsed e il duo harsh noise Lettera 22. Nicolò, già con Nico nei With Love, suona la batteria e canta in gruppi punk e hardcore come Ohuzaru, Man On Wire e Smart Cops. Insomma, i Ninos si fanno conoscere in giro, e lo fanno suonando ed esibendosi un po’ ovunque. Sarà proprio durante uno di questi concerti che l’etichetta italiana La Tempesta International si accorgerà di loro, occupandosi poi della produzione del cd Muito N.D.B., in tutti i negozi di dischi da un po’. La versione in vinile è curata invece dalla Tannen Records. Le otto tracce contenute in questa prima fatica discografica dei Ninos Du Brasil scorrono via come un’unica grande parata musicale che si sussegue senza soluzione di continuità. Si parte con una sommesso urlo di battaglia (“Tamborins Na Selva”), che dopo pochi minuti esplode in un inno techno-batucada (“Tuppelo”). Il pezzo sembra riproporsi, con meno pompa, in quello a seguire (“Pandeiro Sinchinsà”). A questo punto i toni si appianano e si ritorna a movenze marziali con cow-bell in bella evidenza (“Ciencias Ocultas”), si risale gradualmente con un numero da capoeira alcolica (“Rebanho Espetacular”), per poi ritornare a ballare una samba con cassa dritta e coro da tifoseria che si conclude con una coda chill-out del dopo bomba (“Chamada Dinghe Dighe”). Ci avviamo verso l’uscita con un ultimo giro di percussioni minacciose e voci sparse (“Abacaxi Nax Coxas”), che introduce una sorta di urlo della giungla sputato fuori da un tarzan in calzamaglia reduce da un rave sulla spiaggia (“Hysà”). Festa finita. BBBAAAMMM!!! Chamada Dinghe Dighe… sempre.