Nibiru: di caos, rituali e dissoluzione finale

Nibiru

I Nibiru, giunti con Salbrox al quinto capitolo della loro carriera e accasati presso l’inglese Ritual Productions, hanno compiuto un ulteriore balzo evolutivo lungo un percorso che sembra avere come obbiettivo finale il completo distacco dalla forma canzone, al fine di creare un flusso sonoro tra approccio rituale e disgregazione. Incuriositi dagli elementi di novità e dai mutati equilibri tra le varie componenti del loro suono, abbiamo reputato fosse giunto il momento di approfondire il discorso direttamente con la band.

Rispetto ai vostri lavori precedenti, in Salbrox avete lasciato molto più spazio alla componente elettronica e alla manipolazione del suono: da cosa deriva questa scelta? In che modo pensate possa aggiungere o completare la vostra forma espressiva?

Ardat (chitarra, percussioni e voce): Se è così, non è stato per calcolo, viene da sé il lasciarsi trasportare dall’istante, senza limitazioni.

Ri (basso e synth): La componente “elettronica” è sempre stata presente nei nostri lavori sin da Caosgon. Di sicuro, però, in un disco chiaramente nato come concept album quale è Salbrox, questa componente è diventata parte totalmente integrante della composizione.

Siete interessati a esplorare linguaggi differenti dal vostro qualora questo possa essere di aiuto all’economia generale e alla riuscita del disco? Se sì, esiste qualche pregiudiziale rispetto all’inclusione di qualche specifico tipo di sonorità nei Nibiru?

Ardat: Lo facciamo da sempre, non certo per un’eventuale riuscita del disco, ma in maniera assolutamente spontanea. La sperimentazione è e sarà per noi sempre essenziale.

L.C. Chertan (batteria): Sperimentare e andare oltre i propri limiti e schemi musicali è una cosa molto importante per una band come Nibiru. Abbattere barriere ed esplorare nuovi territori musicali è una grandissima fonte di ispirazione che permette di raggiungere nuovi livelli comunicativi per esprimere al meglio la nostra visone della musica e dei concetti che vogliamo trasmettere.

Anche l’uso dell’italiano qui assume un ruolo predominante (c’erano già esempi in Qaal Babalon), il che mi spinge a chiedervi quanto conta per voi riuscire a comunicare con il vostro pubblico anche al di fuori delle emozioni che suscitano i suoni.

Ardat: L’uso dell’italiano è mia scelta, mi dà la possibilità di interpretare le mie emozioni, i miei incubi, ciò in cui credo con maggiore enfasi, con maggiore coinvolgimento personale, ma il linguaggio enochiano (la famosa lingua “angelica” adottata dal gruppo, ndr) rimane imprescindibile e produce in me il medesimo effetto. Il tutto perfettamente integrato nei nostri suoni.

La produzione di Salbrox appare molto più cristallina, più strutturata rispetto agli esordi. Si è trattato di una scelta premeditata oppure l’approccio delle canzoni, qui più sintetiche e meno debordanti che in passato, ha richiesto un approccio differente?

Ardat: Immagino tu abbia ascoltato il vinile o i brani in digitale separatamente. Dico questo perché l’ascolto completo di Salbrox, che supera l’ora, è quello di un concept senza soluzione di continuità. Tutto è stato registrato in presa diretta: la produzione è migliore perché oggi registriamo in studio, non più nel nostro tempio, ma – ripeto – sempre, imprescindibilmente insieme, live.

Ri: No, tutto è avvenuto come sempre senza una predeterminazione, una pianificazione esecutiva. Semplicemente, durante la fase di riascolto del mix, la scelta è automaticamente stata pilotata verso una produzione di questo tipo, perché più si confaceva al suono complessivo.

L.C. Chertan: La produzione di Salbrox è più cristallina rispetto ai lavori passati, ma al tempo stesso più potente. Il risultato è un magma di suono continuo che non si arresta mai e che travolge l’ascoltatore per più di un’ora lasciandolo senza fiato. Ovviamente, come sempre, tutto è stato registrato in presa diretta senza artifici di alcun tipo.

Sembra che il caos oggi sia più controllato che in passato, non solo a livello musicale ma anche nell’approccio ai testi:  le selvagge evocazioni di Ardat sono più dirette, più emozionali, sempre disturbanti ma in qualche modo legate ad un concetto di rinascita. Vi va di raccontarci qualcosa del concept del nuovo album?

Ardat: Non reputo che il “caos” sia più controllato, Salbrox è un concept da ascoltare nella sua interezza: le evocazioni, i testi, sono un percorso di vita, un viaggio che ognuno di noi pensa egoisticamente e superficialmente di saper controllare. Che ignobile finzione  ci raccontiamo: tutto è trasformazione e provoca instabilità, vogliamo vedere solo il meglio o almeno ciò che reputiamo migliore, mentre la verità è tutt’altra, la nascondiamo per paura di un confronto vero con noi stessi, ne saremmo spaventati, meglio galleggiare nell’ignoranza. Rinascita? No, Salbrox non è rinascita, ma un percorso di dissoluzione finale.

Salbrox esce per Ritual Productions, etichetta che ha dato una casa a realtà tra loro collegate come Ramesses, Bong, 11 Paranoias, Ancient Lights e che di recente ha accolto anche i brasiliani Basalt. Come siete entrati in contatto con loro e come è nata l’idea di collaborare?

Ardat: In quel momento ci è sembrata l’etichetta più indicata, tra le varie proposte, per valorizzare un lavoro come Salbrox. Fine.

Da un punto di vista concettuale, il vostro percorso sembra accordarsi con l’approccio delle band di cui sopra, penso in particolare ad un lavoro come Possessed By The Rise Of Magik dei Ramesses e all’attenzione che i vostri “colleghi” hanno sempre mostrato per l’impatto rituale della musica. Credete che esista un filo comune che vi accomuna o si tratta di percorsi paralleli e dettati da finalità/obbiettivi differenti?

Ardat: Per rispondere a questo dovrei conoscere meglio, di persona, le band delle quali parli. Basarmi solo sulla musica, per quanto la apprezzi molto, in particolare proprio quella dei Ramesses, è limitante. Indubbiamente il lato ritualistico ed emotivo è evidente.

E all’interno della scena italiana quali sono le realtà che ritenete più vicine? Come vedete il panorama odierno del nostro Paese, dal punto di vista delle band, delle etichette e delle possibilità di suonare dal vivo? Credete esista sempre una differenza con il resto d’Europa a livello culturale e organizzativo quid a noi?

Ardat: Non ritengo Nibiru vicino ad alcuna realtà italiana, è troppo particolare, come ci è stato riconosciuto più volte. Pur apprezzando band del nostro paese, penso che all’estero ci sia più voglia di ascoltare novità, anche destabilizzanti, anche di difficile ascolto ma che fanno pensare, che scuotono.

L.C. Chertan: Ci sono alcune band della scena italiana che apprezzo e rispetto ma non voglio fare la solita lista di nomi… Sicuramente in Italia bisogna ancora lavorare parecchio per raggiungere certi standard professionali e qualitativi che invece ci sono all’estero. Nel nostro Concordo con Ardat sul fatto che il pubblico al di fuori dei confini italiani è più ricettivo verso proposte estreme e complesse come la musica di Nibiru.

Avete già cominciato a presentare Salbrox dal vivo? Come vi muoverete? Suonerete solo i brani nuovi per lasciare l’impianto rituale dell’album o li alternerete a estratti dai lavori precedenti? Dal punto di vista coreografico e scenografico avete in mente qualche cosa di particolare?

Ardat: Salbrox può essere suonato nella sua interezza solo avendo a disposizione il tempo necessario in un eventuale live, diversamente presenteremo la versione del vinile incompleta in alcune parti, più immediata, ma, che in un concerto, sarà di certo gestita con il giusto approccio rituale come ogni nostra esibizione. Stiamo valutando il tutto.

Ri: Non ancora, la preparazione per ricreare live un disco concettualmente indivisibile come Salbrox richiede parecchio tempo. Sicuramente comunque si valuterà la possibilità di estrapolarne delle parti per poterle inserire in un contesto live insieme ai pezzi dei dischi precedenti. Ci stiamo lavorando…

L.C. Chertan: Un album come Salbrox richiede un preparazione totale e perfetta in ogni suo aspetto. È un disco che non può e non deve essere suonato e diviso in “canzoni”, ma eseguito nella sua interezza proprio com’è stato concepito sin dall’inizio: un lungo viaggio senza interruzioni. Ci stiamo lavorando e di certo, se in futuro ci saranno proposte all’altezza, credo che non rifiuteremo.

Grazie mille per il vostro tempo, sentitevi liberi di concludere questa chiacchierata come preferite…

Ardat: Nibiru è il caos come forza motivante…

L.C. Chertan: Rompete gli schemi mentali, azzerate le vostre certezze e abbandonatevi ai vostri istinti più estremi e primitivi. Questa è l’unica strada per liberare il nostro essere.