Necrot: fatti e non parole

Necrot, foto di Chris Johnston
Necrot, foto di Chris Johnston

Quello dei Necrot è un nome che ha saputo costruirsi negli anni una solida reputazione, merito di una dedizione totale, di un’incessante attività live e di un album come Blood Offerings, uscito nel 2017 e accolto con entusiasmo da critica e appassionati. Nonostante i molti tour al fianco dei big del genere e dei consensi raccolti, la formazione è però rimasta sempre fedele alla propria etica diy, a cominciare dalla collaborazione con la storica partner Tankcrimes e dal profondo legame con la scena underground.

Forse non tutti sanno che il motore dei Necrot è un italiano sbarcato negli States con la giusta determinazione per rendere la musica qualcosa più di un semplice hobby e ormai stabilito da tempo ad Oakland. In occasione del nuovo Mortal abbiamo deciso fosse il momento opportuno per fare il punto della situazione con il nostro connazionale Luca, cui lasciamo più che volentieri la parola.

Ciao Luca, i Necrot hanno conquistato sempre maggiori consensi e ultimamente siete tra i nomi di punta della nuova scena death, magari però qualcuno non sa che tu sei originario di Firenze: ti va di raccontarci qualcosa dei tuoi inizi e delle tue band italiane Infame e Pistöns?

Luca Indrio (basso, voce): Ciao, le mie band italiane sono quelle che ho avuto da ragazzo. Gli Infame erano i miei amici delle superiori e i Pistöns, invece, il gruppo che ho avuto con due cari amici di Firenze che tutt’ora suonano in gruppi metal fiorentini (Noia e Suff). Purtroppo nessuno dei miei primi gruppi ha combinato granché a parte qualche tour e un paio di cd, anche perché io me ne sono andato dall’Italia la prima volta a diciotto anni e la seconda a ventuno. Ora ne ho trentatré quindi mi stai chiedendo cose che sono abbastanza lontane, ma che comunque ricordo volentieri. Era molto divertente suonare con i Pistöns, avevamo un’attitudine molto punk da teste di cazzo e suonavamo una specie di mix fra Motörhead e primi Sepultura. Quell’attitudine da testa di cazzo ce l’ho ancora…

Come è accaduto poi che ti sei trasferito ad Oakland e come è stato inserirti in una nuova scena?

Volevo andare in un posto dove ci fosse una maggiore cultura musicale, così da avere una migliore chance nel trovare persone con cui fare musica e che volessero davvero dedicarsi alla band, non solo come hobby. Io qua poi ho la famiglia, mio zio vive a Oakland da prima che io nascessi, quindi avevo almeno un punto di riferimento quando sono venuto. Come, poi, mi sia inserito e come sia riuscito a mettermi in regola è un’altra storia, la vita negli USA non è tutta rose e fiori. Comunque, dopo appena due settimane che ero qua ho cominciato a suonare con una band chiamata Acephalix, che mi ha trovato grazie ad un annuncio che avevo messo su “Craigslist”, un sito appunto di annunci. Da lì ho cominciato a suonare con loro e poco dopo anche nei Vastum, che sono nati nel 2009/2010. Nel 2011 ho poi iniziato la mia band Necrot, che tutt’ora è di gran lunga la più attiva delle tre.

Tra l’altro Oakland sembra essere diventata la base per vari musicisti italiani, penso a Davide Tiso (Ephel Duath e Gospel Of The Witches) e a Mattia Alagna (Atrament e Abstracter, oltre alla sua label Sentient Ruin Laboratories). Credi che da voi sia più facile riuscire a portare avanti certe attività e farsi conoscere con la propria musica?

Conosco molto bene Mattia, ormai da anni, perché è sempre presente ai concerti. Davide molto meno e anche la sua band non mi è molto familiare. Penso, comunque, sia più facile qua far della musica la tua vita, andare molto in tour e, se sei fortunato e hai la tenacia che ci vuole, puoi provare a farlo davvero. Penso che progetti come una band (soprattutto se registra dischi senza girare molto) o un’etichetta che non richiedano un cambio drastico di vita e tour estensivi, siano possibili anche in Italia. Fare ciò che facciamo con i Necrot ossia cento/centocinquanta concerti o più ogni anno, in Italia è più difficile se non impossibile, suonando death metal. Ovviamente per far della musica la tua vita non basta realizzare bei dischi, ti devi anche fare il culo per almeno cinque o dieci anni prima di avere risultati veri. Il concetto che una band possa diventare conosciuta così dal nulla perché un’etichetta ti ha contattato o perché qualcuno ti ha fatto all’improvviso andare in tour è distorto, non è basato sulla realtà odierna. Le cose te le devi conquistare. I nostri primi tour li abbiamo fatti grazie al tempo speso scambiando le nostre cassette con altri gruppi death metal underground e cercando di organizzarci tour da soli o con l’aiuto di amici.

Oltre ai Necrot, tu suoni con Acephalix e Vastum, non proprio dei nomi sconosciuti: cosa ti spinge a dividerti tra più band? Credi sia dovuto più ad una tua necessità di poterti esprimere in più situazioni distinte o un modo per soddisfare differenti aspetti del tuo modo di suonare?

Acephalix e Vastum sono band che ho da più di dieci anni e che ormai non mi richiedono più uno sforzo incredibile per essere mandate avanti. In un anno facciamo solo una decina di concerti e un disco nuovo ogni due o tre. Sono cari amici, come una famiglia visto che sono le prime persone che ho conosciuto quando sono emigrato, ma di fatto ora come ora hanno tutti altre priorità prima della musica. Direi che Necrot, più che gli altri due gruppi, è nato dalla mia necessità di fare musica al 100% come volevo io con persone che come me erano disposte a sacrificare tutto per far della band la loro vita. Sia Acephalix che Vastum, poi, comportano più limitazioni, visto che a scrivere i pezzi siamo in più di uno. Con i Necrot, invece, scrivo io i pezzi ed è esattamente come voglio che sia.

Anche gli altri membri dei Necrot vengono da band conosciute: Mortuous e Saviours. Come vi siete incontrati e come è nata l’idea di fondare i Necrot? Avevate già le idee chiare sul tipo di musica da suonare e sul come muovervi?

L’idea sullo stile la avevo già ben chiara in mente e ho coinvolto inizialmente Chad Gailey (batterista) che aveva fatto un provino per venire in tour in Europa con gli Acephalix al posto del nostro batterista, diventato da poco padre. Era il 2011 io avevo ventiquattro anni e Chad diciannove. Abbiamo iniziato a suonare insieme con l’intenzione di far uscire una serie di tre cassette death metal, le quali una volta messe una accanto all’altra avrebbero creato un’immagine unica. A quei tempi Acephalix era una delle prime band ad aver riportato lo spirito death metal nella Bay Area e Chad ne era un grande fan, quindi è stato figo trovare un validissimo alleato in lui che era così giovane e preso bene. Poi anche Chad come me è un pazzo e farebbe qualsiasi cosa per la band quindi andiamo alla grandissima. A fine 2012 poi abbiamo finalmente trovato il chitarrista giusto dopo averne scartati diversi. Un altro pazzo scatenato, Sonny Reinhardt, chitarrista della madonna e anche lui pronto a stare on the road per mesi in qualsiasi momento.

Il nuovo album esce per la Tankcrimes, la stessa label che ha realizzato il precedente Blood Offerings e ha ristampato le tre demo in un unico disco (The Labyrinth). Cosa mi racconti di Scott e della label? Credo sia una delle più interessanti nel giro della scena estrema per la sua capacità di spaziare tra generi ma anche per un approccio che definirei vicino all’etica diy, come vi siete conosciuti e come ti trovi con lui?

Scotty lo conosco da almeno dieci anni e penso che Sonny lo conosca da quasi venti. Siamo amici e parte della stessa scena da ben prima di lavorare insieme. Necrot è da sempre una band molto legata al DIY, anche ora ci paghiamo le registrazioni da soli in modo da mantenere i diritti della nostra musica e facciamo tutto ciò che vogliamo. Alla Tankcrimes offriamo un deal per far uscire il nostro disco che è vantaggioso per entrambi e non ci sono mai problemi. Da sempre lavoriamo solo con persone fidate su ogni aspetto della band, dall’etichetta, a chi ci registra, a chi portiamo in tour come roadie o tecnici del suono, a chi ci fa da booker. È un ottimo team, composto da persone che vengono tutte dall’underground e con cui andiamo d’accordo.

Tu sei stato anche impegnato nella serie di video “Metal vs Racism”. Come è nata l’idea e cosa puoi raccontarci dell’attuale situazione negli USA? Credi che le cose potranno migliorare dopo novembre o dobbiamo temere altri anni di Trump e radicalizzazione del conflitto sociale?

L’America ha problemi sociali profondi dovuti a decenni di capitalismo estremo. Purtroppo io sono molto pessimista, Trump è il peggiore che ci possa essere, ma anche dall’altro lato non c’è nessuno che voglia davvero cambiare le cose radicalmente. Purtroppo per gli USA si annunciano tempi molto bui. Metal vs Racism è una bella iniziativa, gli unici che pensano il contrario sono persone bianche che vivono in una bolla di privilegi e che non sanno cosa è la solidarietà. Per me il metal è per tutti. La maggior parte di noi e di chi si avvicina alla musica estrema lo fa perché non si trova bene nella società e nel mondo dove vive. Dobbiamo tutti fare uno sforzo per far sì che sia un posto accogliente per chiunque ne voglia far parte al di là di razza, sesso, preferenza sessuale, taglia o qualsiasi altro fattore discriminatorio. Tutti abbiamo in passato magari anche riso a battute razziste o altre situazioni simili da ragazzi, però è il momento di crescere e cambiare e mettersi nei panni di tutte quelle persone che hanno trovato rifugio nella musica estrema per poi trovarsi di fatto in situazioni spiacevoli ai concerti. Solo così si potrà allargare il metal e la musica estrema a sempre più persone e ne beneficeremo tutti. Il mondo metal è una grande famiglia e nessuno vuole stare in una famiglia bigotta, razzista e sessista.

Torniamo al nuovo Mortal, a mio giudizio un ulteriore passo avanti nell’evoluzione dei Necrot. Pur senza aver mutato il vostro tiro death old-school, trovo che i brani siano ancora più a fuoco e la scrittura si sia ulteriormente affinata, senza per questo perdere la botta e la capacità di coinvolgere l’ascoltatore. Come è stato lavorare ai nuovi pezzi? Vi siete sentiti in qualche modo sotto pressione viste le aspettative generate da Blood Offerings?

Da quando è uscito Blood Offerings nel 2017 ad ora abbiamo fatto quasi quattrocento concerti. Siamo stati in tour con Cannibal Corpse, Morbid Angel, Immolation, Suffocation, Exhumed e molte altre band. Siamo semplicemente molto migliorati sia come musicisti che nella confidenza nei nostri mezzi e nell’affiatamento. Siamo una hard working band. Quando siamo arrivati al momento di scrivere Mortal sapevamo di avere meno tempo (con tanti tour non hai mai una pausa per scrivere e basta) e più pressione, perché il disco prima era piaciuto molto. Allo stesso tempo però avevamo anche un livello di preparazione e confidenza altissimo che, mischiato con la pressione, penso abbia creato lo scenario perfetto. Fai conto che siamo tornati dal Decibel Tour con i Morbid Angel e avevamo quattro mesi di semi-pausa con alcuni concerti nel mezzo per scrivere e preparare il disco nuovo. Poi siamo andati in tour in Australia, Giappone e USA e siamo tornati dopo tre mesi. A quel punto abbiamo fatto una pausa di dieci giorni e poi abbiamo provato i pezzi nuovi tutti i giorni per tre settimane, per entrare in studio e in quattro settimane registrare il disco. Siamo affiatati, siamo allenati, siamo sicuri di quello che facciamo e non ci fermiamo mai. Questa è un po’ la ricetta.

Tra l’altro sarete sulla copertina di una rivista prestigiosa come Decibel, che effetto fa vedere che il proprio nome che comincia a girare e a raccogliere il giusto riconoscimento? Quali credi siano gli ingredienti che donano la spinta in più alla vostra musica e vi hanno portato a ricevere l’attenzione di pubblico e media?

Penso che la nostra perseveranza, la nostra pazienza e i sacrifici stiano ripagando. Fai conto che il nostro primo full length è uscito dopo sei anni di esistenza della band e già molti tour completati. A volte le band hanno fretta di suonare dal vivo e far uscire un disco, invece il mio consiglio è di aspettare e lavorare duro, così quando poi ti esponi davvero e ti fai conoscere, sei veramente pronto e il tuo disco è qualcosa di valido. Nel mondo della musica, inoltre, c’è una competizione enorme e alla fine ce la fa davvero chi decide di mettere sempre la band prima di tutto, senza tirarsi mai indietro. Certi scalini di crescita personale come musicista e come band li fai solo con il duro lavoro e suonando tantissimi concerti.

Per Mortal avete utilizzato una squadra di nomi quali Greg Wilkinson (High On Fire, Autopsy, vincitore di un Grammy) e Alan Douches (Cannibal Corpse, Cattle Decapitation, Mastodon). come è stato lavorare con loro e cosa credi abbiano apportato al risultato finale?

Greg Wilkinson è qualcuno con cui lavoriamo da anni sia con questa band che con altre. C’è un gran affiatamento e Greg è un genio oltre ad essere un grande amico. Anche lui registra tutti i giorni da anni. Difficilmente ha un giorno libero. Stiamo parlando di persone di grandissimo talento, talento che hanno spinto al massimo. Alan Douches è un altro genio che masterizza nella stessa stanza da decine di anni e ha un orecchio fantastico. Greg aveva già lavorato con Alan al mastering per il disco degli High On Fire che ha vinto pure un Grammy, quindi ci siamo fidati dell’accoppiata Greg-Alan.

Nonostante i temi trattati nelle lyrics rientrino nel classico immaginario death, credo abbiano anche un taglio sociale e celino una ben precisa critica all’attuale società, ti va di parlarcene?

Nei testi dei Necrot il sociale è sente stato presente. Considera che la prima canzone che abbiamo scritto si chiama “Consume Control”. Le nostre tematiche vanno dal sociale al filosofico, alla conduzione umana: di sicuro anche per questo siamo spesso stati etichettati come Death Metal-Punk.

La cosa che mi ha più colpito in Mortal è la capacità di suonare fresco e attuale nonostante sia un disco che potremmo definire “classico” nella scelta di suoni e songwriting, per cui mi viene da pensare che continuiate a seguire cosa esce oggi e le nuove band, se non altro per le molte date che avete suonato dopo l’uscita di Blood Offerings. Cosa riesce a incuriosirti di ciò che esce oggi? Hai qualche nome da segnalarci?

Gruppi che consiglio di ascoltare sono: Superstition, Torture Rack, Taphos, Galvanizer, Cerebral Rot, Spectral Voice, Witch Vomit, Mortiferum, Fetid, Ascended Dead, Faceless Burial, Triumvir Foul, Nightfell, Ritual Necromancy, Mortuous, Sempiternal Dusk, Left Cross e tanti altri ancora, ma mi fermo qui sennò ti riempio tutta la pagina.

Purtroppo in questo periodo abbiamo tutti subito uno stop forzato per quanto riguarda le attività live. Contate di promuovere il nuovo disco con un tour europeo quando le cose si sbloccheranno?

Da maggio a settembre avevamo in programma novantacinque concerti fra USA, Europa e Sud America. È stato tutto cancellato/posticipato. Ovviamente appena ci faranno ripartire saremo lì sul furgone in giro per il mondo a suonare death metal, ci puoi scommettere.

Grazie mille davvero per il tuo tempo, ti lascio spazio per finire questa intervista come preferisci e a presto nel mondo reale.

Grazie a voi, mi fa piacere mi abbiate dato questo spazio per parlare su un sito italiano. Con tutto il successo che stiamo avendo in America negli ultimi anni, a me fa sempre piacere poter riconnettermi con la mia gente e parlare di metal in italiano. Un saluto!