MOTÖRHEAD, Bad Magic

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Le cifre associate a Bad Magic parlano chiaro: ventiduesimo album e un bel quaranta in numeri romani stampato sulla copertina a ricordare l’importante traguardo raggiunto, perché di band come i Motörhead al mondo ce ne sono davvero poche. Questo soprattutto se si considera come non abbiano mai mollato neanche dopo numerosi cambi di line-up o quando per un periodo sembravano aver perso mordente sul grande pubblico per restare appannaggio dei die-hard fan. L’arrivo del nuovo millennio, però, ha smentito tutti e ha visto Lemmy e i suoi sodali tornare nuovamente nel gotha della scena metal (o rock’n’roll, come preferiscono definirsi) mondiale. Se Inferno ha rappresentato il vero momento di rinascita, il penultimo Aftershock ha saputo ribadire come chi poteva ben permettersi di dormire sugli allori avesse ancora voglia di impressionare con un lavoro potente e ricco di anthem a fuoco. Purtroppo – perché c’è sempre un purtroppo – lo stato di salute di Lemmy ha iniziato a far preoccupare tutti e dal vivo la macchina da guerra sembra ormai (al momento?) incapace di raggiungere la velocità di crociera ottimale per non affaticare troppo il suo frontman, tanto che proprio in questo ultimo periodo il tour americano ha visto la cancellazione di ben tre concerti. Ovvio che con questi presupposti l’attesa di Bad Magic celasse in sé anche un po’ di timori sulla capacità di mantenere anche in studio il livello dei lavori precedenti e si temesse per un disco di mestiere (se non addomesticato), vista anche l’abitudine di registrare in presa diretta. In realtà, il risultato ha dell’incredibile e stupisce ancora una volta proprio perché presenta al pubblico una formazione a testa alta e per nulla doma, supera nel complesso il suo predecessore e si impone come uno tra i più riusciti dell’ultimo periodo. Sin dall’apertura con la dirompente “Victory Or Die” si comprende come questo sia un lavoro giocato senza risparmio di energie, figlio della voglia di tenere ben saldo lo scettro e di impressionare ancora, per di più legato ad una sorta di concept o, meglio, filo conduttore riconducibile alla figura del diavolo. Non mancano nemmeno il confronto con le ultime vicissitudini e un pizzico di malinconia con la toccante “Till The End”, né i soliti tributi al blues e a quel rock’n’roll iper-amplificato da sempre marchio di fabbrica della band. La stessa scelta di finire in bellezza con una sfida ardua come la cover del classico degli Stones “Sympathy For The Devil” dà loro ragione e chiude il disco in maniera pressoché perfetta. Pensare che, come si diceva, anche si fosse trattato di un disco di mestiere e poco ispirato, solo pochi si sarebbero permessi di storcere la bocca. Come si suol dire, tanto di cappello.

Tracklist

01. Victory Or Die
02. Thunder & Lightning
03. Fire Storm Hotel
04. Shoot Out All Of Your Lights
05. The Devil
06. Electricity
07. Evil Eye
08. Teach Them How to Bleed
09. Till The End
10. Tell Me Who To Kill
11. Choking On Your Screams
12. When The Sky Comes Looking For You
13. Sympathy For The Devil (The Rolling Stones cover)