MORBID CRUELTY, Holodomor

È innegabile che tra Ottanta e Novanta il metal estremo attraversasse un periodo di grazia, anche per effetto dell’ondata carioca (Sepultura, Sarcofago…) che stava investendo death e thrash: una ventata d’aria grezza e indisponente che avrebbe definito un vero e proprio stile. I cileni Morbid Cruelty (Santiago), power-duo death thrash, prendono moltissimo da lì. Sono nati da poco, ma alle spalle hanno una storia in band come Atomic Aggressor, Evil Madness e Perversor, e hanno incendiato la scena pubblicando nel 2019 una demo sporca e primitiva, che li ha portati a questo full length, Holodomor, uscito l’anno scorso ad agosto in versione digitale per Coffin Burning Records e da poco in lp per Iron Bonehead.

I Morbid Cruelty attingono direttamente dal ventre del death metal old school, hanno per modello gruppi come Death, Morbid Angel e Incubus e aggiungono alla formula un piglio ancor più bestiale grazie a soluzioni punk e death/thrash nei blast e nei riff, a un growl cavernoso e a testi ispirati da eventi storici blasfemi. Dieci tracce vulcaniche e primitive: tra queste una cover degli Incubus (“God Died On His Knees”) ancora più malvagia e dissacrante dell’originale, tra urla, una scarica di blast e riff da capogiro. L’attacco iniziale è affidato a “Sacrifice”, che ci fa entrare nell’album sulle note di una chitarra acustica circondata da atmosfere minacciose, per poi intrecciare riff thrash e growl. “Red Ripper” e “Unholy Vengeance”, poi, chiariscono bene come i Morbid Cruelty non siano interessati a soluzioni moderne, perché hanno deciso di concentrarsi sul distribuire riff efferati e blast da manuale a motosega, esplorando a fondo le possibilità del death delle origini.

Per i nostalgici di sonorità alla vecchia maniera questo disco è una macchina del tempo con cui tornare agli sfavillanti anni Novanta.