MONTANA, Necessità

Dieci anni dopo quel dicembre 2011 in cui i Montana debuttarono presentandosi al pubblico con l’ep Comunità, sempre il mese di dicembre accoglie l’uscita di Necessità, loro sesto lavoro in studio. Un decennio in cui sono successe tante cose importanti e le nostre vite hanno subito innumerevoli stravolgimenti, con la pandemia che può ambire al podio quanto a impatto e conseguenze, per questo è importante avere una voce che ci riporti in qualche modo a casa e ridia a tutto le giuste proporzioni. Il ruolo della band sembra, infatti, proprio quello di farci guardare le cose in modo più disincantato, senza troppi arabeschi a confondere le acque o spinte a idealizzare. Una volta si sarebbe usato il termine “iconoclasta” per definire questa pulsione a smontare miti ed eroi per riportare un sano sguardo dal basso agli accadimenti (vedi ad esempio “Altitudine”). Mi hanno sempre ricordato una poesia di Brecht sull’importanza di tutti i complici indiretti degli autori di imprese memorabili che non finiranno mai nei libri di storia, tipo i cuochi a seguito di Cesare nella conquista della Gallia: ecco, i Montana sono lì a dirci di non costruire piedistalli troppo presto o troppo in alto. In fondo, è lo stesso approccio che usano per ogni elemento della loro proposta, un rock’n’roll furioso utilizzato come ingrediente principale di una ricetta che alla fine non è altro che hardcore punk, di quello urticante e feroce, ma anche in grado di conglobare melodie e di guardare al noise-rock, senza però perdere mai di vista una propria coesione di fondo e una riconoscibilità, soprattutto senza farsi prendere la mano dalla voglia di strafare. In questa stessa dinamica, la voce di Francesco non stacca mai troppo dagli strumenti, non chiama mai i riflettori a sé a scapito dei compagni di cordata, perché ciascuno dei partecipanti è legato agli altri e insieme si procede senza tante manie di protagonismo. Proprio per questa natura di squadra, i Montana non deludono le aspettative e portano al centro i loro colpi, con undici brani in grado di riconfermare la loro importanza in un mare di parole altisonanti e proclami roboanti. Perché, in fondo, è bello sapere che lui è in giro – “il Drugo” – che la prende come viene, per noi peccatori.