MOLOCH, Verwüstung

Moloch

Sergiy Fjordsson nasce artisticamente nel 2002, con l’intento di metter su un progetto di pura sperimentazione estrema. Molte in passato, le uscite di tipo “ambient-black metal” che hanno preso forma attraverso l’uso rigoroso della strumentazione analogica: ep, box-set e split, spesse volte pubblicati in edizione limitata. Una pratica assai in uso nel genere in questione, basti pensare a tipi poco raccomandabili quali Leviathan e tutta la corrente black-depressive made in USA, su cui Verwüstung poggia le basi. L’album si definisce in un percorso sì black metal, ma orientato comunque con facilità alle digressioni care al Moloch degli esordi, e segna la decisione dell’artista di affidare le parti di batteria a un sessionist (una scelta azzeccata, vista la maggior dinamicità di ogni brano). Non potevano mancare intro e outro strumentali, che qui si rincorrono quasi come a voler aprire e chiudere un cerchio. Il risultato finale è ottimo, caratterizzato da mid-tempos che sembrano tuffarsi liberi nei Nineties, in particolar modo ricalcando, ma con un tocco di personalità, il trademark che ha imposto Varg Vikernes nel black metal. “Nur De Tod Ist Wirklich”, assieme un’altra manciata di pezzi, rappresenta il lato di Moloch dedito al ricreare atmosfere lente e minacciose, tese e pur sempre diaboliche. “Negativität”, che a tratti ricorda il progetto lituano Fuck Off And Die! (anche se con meno virulenza), ci conferma l’idea di un disco mai al servizio della mera velocità. Per un genere che oggi soffre a causa un “mercato” sin troppo affollato, Verwüstung è un’ottima via di fuga, che potrebbe piacere sia agli addetti ai lavori, sia a chi vuole addentrarsi in un black metal vecchia scuola, ma pur sempre capace di strizzare l’occhio a soluzioni particolari.