MIRRORS FOR PSYCHIC WARFARE, I See What I Became

Scott Kelly, Sanford Parker, due figure che non si possono che rispettare, ammirare, prendere come esempio per lungimiranza, caparbietà, visionarietà artistica e genio. Superfluo elencare ciò che hanno creato, in quali dischi hanno messo anima e corpo, quali band hanno formato e gestito e quali etichette hanno fondato. Chi non sa merita la perdizione e la dannazione eterne. Due entità che hanno mescolato le loro influenze sia artistiche, sia umane, decidendo, qualche anno fa, di dare vita ad un mostro sonico denominato Mirrors For Psychic Warfare, dove riversare le loro paure e i loro demoni interiori in un turbinio di generi musicali radicali ed estremi. Per concezione. Per fruizione.

Questo I See What I Became, secondo album del progetto, riflette le loro personalità musicali multiformi, stratificate, tormentate, malinconiche, rabbiose e – perché no? – ancora alla ricerca di un fugace e debole spiraglio di luce. Pur muovendosi all’interno di atmosfere crepuscolari e ombrose, create da un’elettronica (p)ossessiva ma allo stesso tempo ariosa e mai stucchevole, le otto canzoni di questo lavoro lasciano intravedere un barlume di speranza. Se approcciato in un certo modo, riesce ad accarezzare il cuore, pur facendo male. Pur facendo sanguinare ferite secolari, pur generando un groppo in gola che non si scioglierà mai. Pur facendo crescere tutta la negatività che un’anima riesce a immagazzinare. Un album che è catarsi. Una seduta psicanalitica. Una devastazione apocalittica di sentimenti contrastanti. Il male e il bene in un continuo ricambio rumoroso, tra la chitarra di Scott mai suonata in modo consono, ma violentata dall’urgenza di trovare soluzioni viscerali, e le martellanti, disconnesse dinamiche percussive di Sanford Parker, che ricordano i mai dimenticati Corrections House. Non serve forse etichettare questo disco, non importa che sia elettronica, post-hardcore, industrial oppure noise. Importa capire ed entrare in questo labirinto stratificato su livelli in verticale di emozioni. Che dall’inizio alla fine travolgono. E lasciano davvero cicatrici nell’animo di chi saprà ascoltare con il cuore.