MINDWARS, The Fourth Turning

Nati dall’incontro tra Mike Alvord, chitarrista della cult band Holy Terror, e due musicisti italiani, il batterista Roby Vitari (Headcrasher, N.I.A. Punx, Jester Beast…) e Danny “Z” Pizzi (al basso), i Mindwars sono riusciti a costruirsi un loro percorso che, partendo dalle radici nella scena thrash anni Ottanta, ha dato vita – contando quest’ultimo – a quattro dischi in crescendo e sempre più a fuoco, all’insegna di un thrash/speed metal in cui coabitano aggressività e melodia, potenza e varietà nel songwriting. Pizzi vive in Italia, Alvord e Vitari in California: negli ultimi tempi Danny è tornato alla chitarra, suo strumento originario, e ha passato il basso all’americano Rick Zaccaro, così il gruppo riesce a suonare dal vivo. Il risultato di questa nuova line-up prende il titolo dal brano posto in apertura del precedente Do Unto Others e conferma quanto di buono la band ha saputo dimostrare in passato: il sound s’è un po’ più incattivito, ma restano quelle melodie che Alvord da sempre sa costruire e che qua e là vanno a riannodare le fila con il suo passato negli Holy Terror. Nel complesso, The Fourth Turning non sovverte le regole del genere ma di certo ne offre un’interpretazione personale e ben definita, regalando all’ascoltatore un giro di giostra curato in ogni dettaglio ma sorprendentemente spontaneo e capace di trasmettere passione, a tratti persino attuale nel suo non apparire forzatamente retrò. La scrittura scorre fluida e le varie parti si incastrano al meglio tra loro, né mancano dettagli a impreziosire la trama del disco, per questo si può scrivere senza timore di smentita che siamo di fronte a una delle realtà più interessanti dell’odierna scena thrash. Del resto, che ormai i Mindwars siano sicuri dei loro mezzi è chiaro dalla scelta della cover messa in chiusura, perché confrontarsi con uno dei Big Four del genere – in particolare con gli Slayer – è impresa quasi suicida, eppure anche in questo caso la band sa darne una propria versione che non lascia l’amaro in bocca e porta a casa il risultato a testa alta. Se avevamo conosciuto questo nome grazie a un lavoro nato per tirare fuori dal cassetto ritagli del glorioso passato di Alvord, a sei anni dal debutto The Enemy Within non possiamo che dichiarare la scommessa vinta e la macchina da guerra ormai ben oliata e pronta a far danni seri. Bentornati.