MARISSA NADLER, Strangers

MARISSA NADLER, Strangers

Parte bene il nuovo album dell’autrice americana: Strangers è la seconda uscita per la Sacred Bones, dopo che il precedente July aveva raccolto buoni feedback e recensioni positive in giro per il mondo. Tutto è pensato e suonato per far risaltare il modo in cui Marissa canta, grazie al pianismo semplice ed elegiaco e a versi tra il sofferto e l’eloquente (alla produzione poi una garanzia come Randall Dunn).

“Divers Of The Dust” possiede una melodia di tutto rispetto che però quasi s’interrompe, come a spiazzare volutamente l’ascoltatore, o almeno mi auguro sia così e spero non sia invece mancanza d’ispirazione. Si rimane comunque soggiogati dalle maniere tenui ed eleganti di arrivare alle orecchie dell’appassionato, ad esempio con “Skyscraper” o “Janie In Love”, efficace e ruffiana il giusto, anche se il crescendo di “Hungry Is The Ghost” alla lunga stanca un po’, data la coda strumentale che in fin dei conti risulta essere solo un orpello. Nel prosieguo dell’ascolto si fa largo una sensazione di noia sempre più palpabile, nonostante si cerchi di cambiare stile con una certa grazia, penso al country leccato della title-track (come i Cowboy Junkies, più prevedibili) che prova a risollevare le sorti di un album a suo modo “perfetto”. A Strangers però mancano l’anima, l’errore, la spontaneità di una cantante di sicuro abile e d’esperienza, che questa volta ha deciso di cercare la perfezione di cui sopra, non trovandola però con naturalezza. Peccato.