MARIE_E_LE_ROSE

MARIE_E_LE_ROSE

Dietro il nome floreale e fiabesco “Marie_e_le_Rose” c’è la fiorentina Maria Rosa Sarri: altra interessante artista italiana a cui piace sperimentare ricercando nuove sonorità, spaziando fra l’elettronica, il glitch, le colonne sonore, i field-recordings e molto altro. Marie_e_le_Rose è soprattutto polistrumentista e musico-terapeuta, i progetti paralleli attraverso i quali è passata su queste pagine si chiamano MonoLogue e Moon Ra: se devo proprio trovare un aggettivo che rappresenta il personaggio e le sue produzioni, non ho dubbi e scelgo “versatile”. Fra (mie) notti insonni e (suoi) bicchieri di ottimo Chianti, l’abbiamo incontrata, ponendole alcune domande, in attesa delle sue prossime e quasi imminenti nuove uscite.

Parlaci un po’ di te. Come, dove, quando e perché hai deciso di intraprendere quest’attività? Attraverso quale percorso sei giunta e preferire una musica ostica come quella sperimentale?

Ho cominciato a suonare a cinque anni il mio vero strumento, ovverosia la chitarra, diventando solo in seguito polistrumentista. In casa mia c’è sempre stata una forte tradizione di ascolto (la cosa che io ancora adesso ritengo più difficile, nella professione di musicista e nelle virtù umane). Ho suonato e ascoltato sempre di tutto, mi sono diplomata e perfezionata con la chitarra e ho continuato a suonare e studiare anche altri strumenti. Durante il mio cammino di musicante (parola impegnativa), a circa 25 anni, ho incontrato la musica elettronica e da lì in poi, quando più quando meno, mi accompagna, sia a livello pratico che a livello di studio e ascolto.

Toglimi subito una curiosità, negli artwork delle tue uscite si legge: for better performance, we recommend listening with a great pair of headphones! Perché i tuoi lavori devono essere ascoltati in cuffia?

Mi piace da morire quella frase, è nata sempre per la questione di cui appena sopra: l’ascolto. Se ascolti, devi necessariamente creare uno spazio, mettere dei limiti alle percezioni sensoriali di altro genere e non farti invadere dall’eccesso, che al giorno d’oggi ci annega quasi ininterrottamente. Ho sempre amato John Cage e lui di questo principio faceva quasi una ragione di vita: è l’intenzione di ascolto che può conferire a qualsiasi cosa il valore di opera. Per questo la mia speranza è sempre che ci sia un vero ascolto per ciò che faccio, esattamente come quello che si dà ad una persona alla quale si vuole bene, alla quale si dedica tempo e spazio, interiore ed esteriore.

Buttinelli.A e poi l’uscita Orlando (personalmente tra i migliori ascolti del 2014). Come e quando è nata l’unione artistica con Giuseppe Cordaro?

Prima di tutto grazie per i complimenti. Quando rischi e sperimenti, senza il desiderio di piacere ad altri se non prima a te stessa, la riconoscenza è cibo necessario. Con Giuseppe ci siamo incontrati online e ci siamo piaciuti subito, lui è una persona che stimo profondamente (e non per dire!) e che ritengo incredibilmente musicale. Durante l’ultimo anno ho dovuto staccare un po’ i contatti dal mondo per motivi personali, lasciando soltanto alcune cose in superficie, ma spero che presto Con_Cetta (il suo moniker) e io torneremo a respirare la stessa aria.

In una recente intervista, Caterina Barbieri afferma che in Svezia, per questioni di quote rosa, non si possono organizzare festival se non sono presenti artiste donne nella misura del 50% del totale del cartellone. La domanda è ovvia e spontanea: siamo ancora lontani dal raggiungere anche noi questo obiettivo e come vedi l’italico panorama femminile noise-sperimentale? Hai dei volti nuovi da suggerire?

Facendo un brain-storming sull’argomento non posso dire molte cose, giusto poche impressioni alla rinfusa, ma che ritengo ben salde. L’Italia è campione di pregiudizi in molti campi, quindi questa storia delle “quote rosa sonore” la vedo lontana nel nostro Paese. Per quanto mi riguarda ho studiato e lavorato anche all’estero e non generalizzerei con la solita frase “ma là è meglio”! Sarò noiosa, ma molto spesso è sempre una questione di ascolto, marketing e della poca voglia di rischiare di molte etichette e festival, tuttavia a me non va proprio che la mia musica sia genderizzata (tanto per usare una parolaccia che adesso va un sacco di moda): i miei suoni dovrebbero essere ascoltati per ciò che hanno da dire, tutto qui. Ho parlato pochissimo tempo fa con un collega famoso nell’ambiente sperimentale, venuto a Firenze per un concerto, e lui mi ha detto che è inutile fare i collaterali e sperimentali per forza se non si vende, a prescindere che essi siano donne o uomini, più o meno sperimentali, conta il coraggio e la creatività di essere noi stessi, altrimenti siamo soltanto delle pallide imitazioni insicure dei desideri di chi ci ascolta, vendite o meno. Per dire: amo la creatività e la purezza di Alessandra Zerbinati (LaMetàFisica), il coraggio di Silvia Kastel, le capacità di Betta Senesi…

MARIE_E_LE_ROSE

Dialogando sul net, Alessandra Zerbinati (LaMetàFisica) mi scrisse piuttosto che al lavoro in studio/casa preferiva la versione live. Ho notato, e correggimi se sbaglio, che non sono molte le date in cui ti sei esibita davanti al pubblico: è solo una questione di riservatezza o prediligi davvero la sala di registrazione?

Mi piace molto la dimensione studio, come mi piace quella live, ma ci sono alcuni fattori e ragioni per ciò che hai detto. La prima è che non mi so rappresentare, e le pr non sono mai state il mio forte, poi non amo la dimensione dal vivo non rispettata, non pagata, non curata, non appunto ben rappresentata, quindi preferisco spesso risparmiarmi alcune uscite. A pagamento o meno, se sento che la serata in questione non porterà niente (inteso neppure a livello artistico), faccio altro, anche perché la dimensione elettronica non è l’unica per me.

MonoLogue, oltre ad essere una evoluzione di Marie_e_le_Rose, svela una parte inquieta facendone intravedere una più intima, mentre Moon Ra, con quella contrapposizione fra sole e luna, l’alternarsi del giorno e della notte, fa pensare che tu voglia nascondere una doppia personalità. Sono arrivato a questa conclusione ragionando sui nomi e poi gli ascolti, totalmente differenti: vediamo se ci sono andato vicino, altrimenti vuoi spiegarci perché queste differenze?

Ti devo ringraziare ancora per l’ascolto ed i pensieri accurati. Marie e le Rose è, oltre al mio nome depositato in sede SIAE, il moniker col quale mi occupo di soundtrack, ovverosia colonne sonore e brani molto più articolati, basati su strumenti acustici o comunque su interventi elettronici modulari e su una composizione più meditata. MonoLogue, invece, ha la delicatezza dell’ambient sperimentale, abbandona gli strumenti acustici affidandosi di più all’elettronica, infine, Moon RA suona, compone, assembla, sperimenta, ascolta e se ne frega di tutto, azzardando e provocando.

Una volta trovata la formula collaudata e vincente, molti artisti insistono su questa strada. Da quel che si evince dai tuoi progetti, cerchi sempre nuove sonorità. Chiamare l’esordio “Changes”, a questo punto, non è una casualità, sembra quasi una premonizione. Qual è il meccanismo che ti spinge a rinnovarti sempre?

È una condanna, in realtà. Soffro di una malattia che pervade alcune delle cose della mia vita e che si chiama noia. Fortunatamente non invade la musica, però mi costringe a spostarmi creativamente, facendo molte cose diverse e tendendo a dare una veste eclettica ad ogni progetto: odio l’ingessatura delle etichette e nella vita, figurati nella musica!

Altra curiosità, mi piacerebbe conoscere quali sono le tue fonti d’ispirazione e se ultimamente hai ascoltato qualcosa che ti ha particolarmente colpito.

Ascolto di tutto e sempre, non insisto sui generi e spesso non guardo né il nome dell’artista né la traccia e né la label, semmai dopo. Ascolto quello che è intorno a me e dentro me, mi piace far nella testa dei suoni, delle melodie. In questo periodo ascolto: Forma, Charles Cohen, Eric Lanham, Unicorn Hard-On, Tomoko Sauvage, Rage Against The Machine (in questi giorni sto suonando molto, per motivi di lavoro, “Killing In The Name Of”), molte colonne sonore, tanta radio e molto silenzio.

So che hai dei lavori fermi in attesa che vengano pubblicati e so anche che hai già pronta una collaborazione con Giulio Aldinucci, con la quale sembra che abbiate scelto di percorrere altre nuove frontiere. Vuoi parlarcene più nel dettaglio?

Giulio è stata un’altra splendida sorpresa, grazie alla vicinanza geografica ci siamo potuti incontrare in varie occasioni, condividendo pure due live. Lui ha molta padronanza anche dell’attrezzatura, l’ha studiata con molta attenzione per poterne estrarre il meglio. Il lavoro e lo scambio per me sono stati e sono molto preziosi, come, fra le altre cose, quelli che sto avendo con artisti di altri progetti in ponte. Mi piace moltissimo collaborare, e per quanto riguarda i lavori… beh, sono scaramantica e per le sorprese, vieni a trovarmi dopo che saranno uscite e sarai come sempre benvenuto. Ti posso soltanto accennare che ho in uscita un concept-split sul sonno con un bravissimo musicista fiorentino di nome Nicola Corti, che uscirà su cassetta (adoro questo formato) per un’etichetta giovane, aperta e agile come Arte Tetra: è elettrizzante investire su chi ascolta, si trovano delle bellissime sorprese!

Non vedo l’ora di ascoltare le tue nuove avventure, se vuoi aggiungere altro… adesso o mai più.

Grazie!

Discografia:

Marie_e_le_Rose – Changes [Forrest Hills, 2012]

MonoLogue – Perfect Imperfection – Small Sonata For Humans and Machines [Laverna, 2013]

Con_Cetta Vs MonoLogue – Orlando [Time Released Sound, 2014]

MonoLogue – The Sea From The Trees [Chemical Tapes, 2014]

Moon Ra – Space Is Still The Place [No Problema Tapes, 2013]

Moon Ra – The Twilight Tone [Witclub.net Tapes, 2014]