Mai sottovalutare Mr Bison

È passata molta acqua sotto i ponti di tutti da quando nel 2016 parlammo di Asteroid, secondo full dei Mr Bison. Oggi tocca a me intervistare la band, perché – come si sa – ogni anno faccio pubblicità allo Stonerkras, il festival estivo carsolino a qualche minuto da casa mia (sabato 12 luglio, Prosecco, provincia di Trieste, mi raccomando), dove loro apriranno per i veterani svedesi Truckfighters. Non sono mai stato io quello più adatto a loro, né quando erano più stoner, né ora che sono sempre larghi di spalle, ma prog e psichedelici (qualcuno ha tirato in ballo pure i Motorpsycho, qualcuno gli Elder). Di una cosa, però, sono sicuro, dopo essermeli studiati per tirar fuori qualche domanda: in questi anni li abbiamo trascurati ingiustamente, forse pensando di conoscerli già e che fossero l’ennesimo gruppo-fotocopia. Mentre noi eravamo superficiali, loro raccoglievano non solo il consenso della critica specializzata, quella che ogni giorno fa merenda con panini con dentro i generi frequentati della band, ma anche quello del pubblico, dato che promoter europei ed americani hanno scommesso su di loro, mettendoli su più palchi possibile. Echoes From The Universe, uscito nel 2024, è un signor album, con un andamento ascensionale, lucente, che ti solleva da terra, anche grazie ad armonie vocali trascinanti. Dunque non commettete il mio stesso errore e date loro almeno una chance.

Come mai Mr Bison? Ve lo sentite ancora bene addosso?

A questa domanda rispondo personalmente io Matteo Barsacchi, fondatore della band (e chitarrista, anche al basso e al synth, ndr). Da piccolo non ero un grande appassionato di videogames, ma di fronte casa c’era un bar e il videogame di Street Fighter: ero abbastanza bravo, ma l’ultimo personaggio, Mr Bison, era impossibile da battere. Quando si è piccoli si fantastica e siamo davvero molto più curiosi, quindi decisi di approfondire la storia di quel personaggio, che era davvero avvincente, un vero e proprio cattivone! Ai tempi partimmo con un sound molto “cazzuto”, influenzati totalmente dai Fu Manchu e dai Clutch, che non erano ancora così famosi. Ovviamente oggi il collegamento del nome al mondo dei videogames non è più calzante, soprattutto per gli sviluppi del sound e delle composizioni musicali e dei testi, che ormai hanno completamente perso l’attitudine stoner, prendendo una strada molto più progressiva e psichedelica, però a mio modesto parere credo sia sempre importante tenere a cuore le origini, nella vita e nei progetti.

Quando siete passati da tre a quattro e perché?

La scrittura del quinto album Echoes From The Universe è stata stesa fin da subito con l’idea di ampliare la band, quindi con l’aggiunta di una linea di basso, negli altri album raramente presente, di molte armonizzazioni di chitarra e di molte atmosfere di synth. L’album fondamentalmente è stato scritto come se fossimo un quintetto: l’aggiunta del polistrumentista Davide Salvadori è stata necessaria per rendere il live fedele al disco. Ovviamente anche le canzoni degli album precedenti sono state riarrangiate con linea di basso, doppia chitarra e tastiera, senza però snaturarle.

La vostra sembra una storia piuttosto classica, se guardiamo al rock: più si invecchia, più si diventa “prog”. La sto semplificando troppo? Sì, ma ditemi come la vedete voi.

I nostri esordi sono stati assolutamente influenzati da band come Fu Manchu e Clutch, anche perché i membri della band dei primi due album avevano una “attitude” e uno stile musicale che era perfetto per quel genere, io sono sempre stato amante del prog 70 e del post-rock/metal ma indubbiamente non avevo nella band i musicisti adatti per fare lo step che abbiamo fatto dopo il secondo album.

Dal 2016 abbiamo fatto un cambio di line up, con un batterista virtuoso e l’attuale cantante Matteo Sciocchetto con la sua vocalità molto più 70’s. Con i nuovi membri, indubbiamente amanti del rock/prog anni 70 e di band più “post” come Russian Circles e Tool, l’evoluzione del sound è stata molto naturale. Credo che sia indispensabile capire le potenzialità e l’attitudine di ogni musicista per rendere tutto più naturale.

A proposito di maturità: l’idea delle sessioni acustiche. Perché?

Le nostre composizioni musicali, soprattutto degli ultimi due album, si prestano tantissimo al set acustico, sicuramente tutto risulta molto più armonico. Siamo tutti amanti del grunge, specialmente degli Alice In Chains, dei Pearl Jam, di Eddie Vedder in solo, e ovviamente delle armonizzazioni canore degli anni 70 alla Crosby, Stills & Nash. Preparare un set acustico è stato molto naturale, cambiando semplicemente le chitarre elettriche in acustiche, un po’ di Mellotron e Hammond e via, i pezzi funzionavano benissimo fin da subito, anche molto, molto più intellegibili per un pubblico meno acculturato sul prog.

Io tendo ad ascoltare roba molto negativa. Quando finisco, la mia negatività rimane là coi miei dischi. Per questo, ascoltando Echoes From The Universe, il mio primo pensiero è stato su quanto fosse positivo, quanto elevasse rispetto alla roba con cui ho a che fare di solito. Era questo il mood che avevate in mente per il disco? Se no, quale era?

Be’ indubbiamente è stata una scelta un po’ pensata, una scelta e una prova con il suo margine di rischio di fallimento. Credo che in Italia per emergere nell’underground si debba fare qualcosa in più delle band oltreoceano ed europee. Questa è una sensazione che non riesco a togliermi di dosso. Ci sono decine e decine di ottime band in Italia che fanno classic stoner / heavy rock, a mio modesto parere molto più interessanti di molte altre band internazionali che calcano grandi palchi, ma che purtroppo non hanno grande popolarità o meglio la popolarità che si meriterebbero. Sicuramente noi Mr Bison ci siamo svincolati dallo stoner, come già spiegato sopra, in primis per l’attitude dei nuovi musicisti ma anche perché a un certo punto abbiamo deciso di unire tutte le nostre principali influenze, senza pensare a categorizzarci in un genere, senza pensare a quello che avrebbe potuto funzionare nel futuro, abbiamo però cercato di lavorare in modo chirurgico sulle nostre composizioni, non lasciando niente al caso, dai suoni alle strutture musicali, ai testi, al concept album ed alla copertina, affidata non allo stesso illustratore di dischi stoner come avevamo fatto in precedenza, ma affidandoci a un artista non noto nel circuito che potesse interpretare il concept a suo modo completamente personale. Eravamo tutti convinti di prenderci il rischio di fare un disco molto, molto più complesso che unisse le varie personali influenze, sperando di essere capiti soprattutto dalla micronicchia che ascolta le band più cerebrali della nostra scena, soprattutto dal pubblico UK che fino agli album precedenti non aveva rilasciato grandi feedback. Visto la superlativa rassegna stampa e le decine e decine di recensioni incredibili, soprattutto dagli US/UK e una delle prime posizioni raggiunta nella prestigiosa “Doom Chart” fra oltre 2000 album usciti nel 2024, credo che l’obiettivo che ci eravamo prefissati sia stato raggiunto. Per questo ringraziamo davvero tutti, i fan e i contributors!

Dall’album è stato tratto “The Veil”, che ha avuto il suo bel video per girare. È, per me, proprio un ottimo esempio di pezzo “ascensionale”, che eleva. Di solito è un tipo di sensazione che provo più col post-rock di band come i Godspeed You! Black Emperor che con gruppi prog. Vi va di parlarmi un po’ di questo pezzo?

L’album avrebbe potuto essere molto più lungo, ma avrebbe avuto bisogno di un vinile doppio, abbiamo dovuto togliere un paio di brani che sono ancora inediti, “The Veil” era un brano che avrebbe potuto essere tolto, proprio perché era il brano meno prog, ma più post-rock. Alla fine, dopo varie riflessioni, abbiamo deciso di fregarcene dell’uniformità dell’album e inserirlo quasi alla fine, la scelta della scaletta dei brani è stata davvero tosta… Dopo l’uscita dell’album, ci siamo subito accorti che “The Veil” era una delle canzoni che interessavano di più, dopo poche settimane il videomaker Nicola Mancini ci ha scritto che avrebbe avuto piacere di farci un video su quel brano, abbiamo accettato dandogli carta bianca, cogliamo l’occasione di ringraziarlo nuovamente.

Fatto positivo: state facendo date all’estero, anche in eventi con un’identità forte come il Desertfest. Come reagisce il pubblico? Come sono state le date americane di inizio anno?

Sì, dall’uscita dell’album il 16 aprile 2024 via HPS, dopo un iniziale stallo le date sono andate alla grande, circa 80 concerti tra US/UK ed Europa, sono quasi tutte date che sono arrivate da proposte dirette alla band, compreso il tour US, dopo l’annuncio del Planet Desert Rock di Las Vegas, una label/booking di San Diego “Glory Or Death”, ci ha contattato e ci ha organizzato l’intero tour. Ringraziamo nuovamente Buddy e la sua professionalità.

Il tour è stato strepitoso, abbiamo condiviso il palco con band clamorose come Unida, Sacri Monti, Sons Of Arrakis e molte altre. La cosa che ci ha davvero entusiasmato è stata il grandissimo supporto al merchandising e il calore umano dimostrato dal pubblico.

Anche al Desertfest di Londra, dove abbiamo di fatto slittato dal piccolo club Black Heart della prima volta al club Underworld dell’edizione 2025, è stato strepitoso, il pubblico non è uscito neanche durante il soundcheck ed abbiamo iniziato a suonare direttamente dal check… grazie davvero a tutti i nostri fan, queste esperienze ti danno davvero lo stimolo per continuare ancora più forte e con convinzione!!

Siamo davvero felicissimi di essere stati riconfermati al Desertfest di Anversa e di condividere il palco con una delle nostre band preferite del circuito, i Graveyard. Siamo inoltre felicissimi anche di essere in line up dell’Into The Void Fest In Olanda questo autunno.

CI piacerebbe moltissimo essere aggiunti anche alla line up del Freak Valley e Sonic Blast del prossimo anno! Fingers crossed!

L’intervista avviene in occasione dello Stonerkras, che si trova in una location fantastica e sembra ed è una festa tra amici, solo più grossa, ma senza scazzi. Ciò non toglie che è un festival stoner e che i locals come tiro sono la versione europea di Jackass. Voi a stile di vita rocchenrol come state messi?

Siamo davvero felicissimi di essere stati aggiunti alla lineup dello Stoner Kras, è un bellissimo festival e Rajko e la Crew sono davvero persone professionalissime. Noi amiamo suonare in Italia, è la nostra nazione, abbiamo suonato questo weekend al Neverending Music Festival dell’Elba insieme ai meravigliosi Psychlona e Margarita Witch Cult, un festival bellissimo di fronte la spiaggia de Le Ghiaie, la Crew di questo festival è sensazionale, ci hanno trattato benissimo e il pubblico è stato strepitoso!

Beh noi siamo molto rocchenrol, siamo sicuramente una band che frequenta concerti, siamo sempre in giro per live, supportiamo assolutamente la scena locale, supportiamo le band locali come Red Kaos, Supernaughty e molti altri, cerchiamo di essere parte attiva della scena musicale e crediamo molto nella fratellanza fra band, questo è molto importante perché rigenera gli eventi DIY e fa crescere l’interesse dei locali ad organizzare anche musica underground. Vediamo un miglioramento in questo 2025 su questo piano.