LUDWIG BERGER, Cargo

Pubblicate in formato cassetta da Canti Magnetici, etichetta pugliese alla quale abbiamo dedicato un approfondimento un paio di anni fa, le due tracce di questo Cargo sono il condensato di una serie di registrazioni ambientali effettuate in una moltitudine di località, tra il Mar Mediterraneo, certe periferie asiatiche e non meglio specificate espansioni nord europee. Mondi sonori differenti, lontani l’uno dall’altro, mescolati in un’unica traversata che – come suggerisce l’autore, lo svizzero Ludwig Berger oggi di stanza a Milano – andrebbe ascoltata half asleep / in transit. Provate però anche ad ascoltare attentamente. Se i primi minuti, in fin dei conti, sono una sorta di bordone frastagliato tra rumore bianco, ondulazioni sottili in background e pseudo-precipitazioni atmosferiche, per il resto il nostro udito assiste all’alternarsi di vari fenomeni: voci dell’est, magari di bambini che discutono seriamente; le urla in lingue diverse di manovalanti su di giri; il rombo distante dei camion che, a motore acceso, caricano il materiale estratto da una cava di cui, aiutati inoltre dalla foto in copertina, percepiamo tutta la vastità. E poi gabbiani schiamazzanti, forse morenti, aerei in partenza e sfrecciare di veicoli su lunghissime highways.

Con questa “geografia astratta” è come se Berger volesse stanare gli effetti di senso nascosti nelle dinamiche della globalizzazione, nello scambio di merci e materie prime e nel transitare di uomini. Sarebbe utile sapere dove è stata scattata la foto in copertina, da quale luogo provengono le voci di quei lavoratori o a quale idioma appartiene il parlottare dei bambini: forse capiremmo come mai, ascoltando Cargo, viene spontaneo pensare ai fenomeni migratori, oppure allo sfruttamento del lavoro locale che promuove lo sviluppo di un altrove globalizzato, o ancora al concetto di confine come spazio permeabile. Sono soltanto suggestioni, ma nell’attuare questa specie di fonografia dal fondo eterogeneo, Ludwig Berger, che oltretutto adopera un Roland Juno 6, pone un livello di astrazione parecchio elevato, stratificando coordinate spazio-temporali differenti. E in questo ci sentiamo di avvicinarlo al recente sforzo collaborativo di Bruno Duplant e David Vélez, che però, per quanto poggi su una metodologia parzialmente simile, alla fine fornisce un punto di vista diverso, focalizzato com’è sul tema dell’ecologia e del cambiamento climatico.