LUCIANO MAGGIORE + NICOLA RATTI + GIUSEPPE IELASI, 31/1/2013

Luciano Maggiore

Torino, Blah Blah.

Tre musicisti, tre modi di concepire la musica oggi e altrettante maniere per reinterpretarla partendo dal concetto di rumore. Non c’è solo quello, ovvio, ma è dalla rielaborazione di quel suono messa in pratica dai tre ( tanto in voga negli ultimi anni) con la quale bisogna fare i conti. Ausilio delle singole performance sono gli strumenti del mestiere, in questo caso, quindi, non più solo chitarre, bassi e batterie, bensì macchine, analogiche o meno (lettori cd e nastri per Maggiore, una vecchia drum machine Alesis per Ratti e il classico Mac per Ielasi).

Vado con ordine: il siciliano Maggiore è forse quello dei tre che ha pubblicato meno lavori: dopo alcuni cd-r, il suo esordio importante (in coppia con Francesco “Fuzz” Brasini per Boring Machines, che pubblicherà anche un seguito nel 2012) è di un paio di anni fa. Ciò non vuol dire che la sua esibizione sia stata meno interessante, anzi: pur essendo parecchio ostica, l’intera proposta m’ha convinto. L’avevo già visto in solitaria un paio di volte nella sua Bologna, ma non avevo compreso del tutto le sue ragioni di fondo. Stasera ci vedo più chiaro (presenta l’ultimo Intersezioni Di Vortici, Studi Ritmici E False Chimere) e apprezzo tutto quel controllare febbrilmente micro-suoni simili a piccoli dot da tenere faticosamente a bada. Austero, concentrato, e pure un pelo emozionato, appronta un set che si fa ricordare.

Segue a ruota il milanese Nicola Ratti, uno che vanta un pedigree piuttosto corposo (quasi banale ricordare il suo lavoro con la chitarra per i Ronin, il duo con Attila Faravelli…) e fa centro pure lui. È la prima volta che lo incrocio on stage e devo dire che è egregio il suo girovagare tra ritmiche grasse (la performance intera ha come titolo ‘Streengs’) che all’occorrenza si fanno ottundenti e ricordano un dancefloor di tipo isolazionista.

Va ricordato che la serata aveva come scopo principale la presentazione dei lavori della label di Giuseppe Ielasi (Senufo Editions, il nome è mutuato da una tribù del centro Africa), il quale si presenta timido sul tavolo da lavoro. Questa volta l’occhialuto milanese spiazza tutti con gli scoppi improvvisi di suono che fanno tanto industrial minacciosa, alternati a brevi passaggi più quieti. Il risultato non è dei migliori secondo me, lo dico perché ho avuto la fortuna di vederlo in azione lo scorso anno in tutt’altra venue a Bologna, durante la quale faceva capire di che pasta erano fatte le delicate particelle sonore che generava il suo notebook. Tant’è, rimane sempre uno dei nomi meglio spendibili anche all’estero.

A conti fatti resta il piacere di aver potuto saggiare lo stato di questa musica in costante cambiamento, e devo dire che le cose sembrano andare abbastanza bene, anche perché attorno a realtà simili si sviluppano pure gruppi di persone che alimentano situazioni stimolanti come le suddette. Al prossimo giro.

Grazie a Sara Bracco per le foto.

Luciano Maggiore