LIGHTPATH, Children Of The Void

Solo a parlare di tutte le realtà in cui ha militato chi suona nei Lightpath si riempirebbe una pagina: Unbirth, Valgrind, Demiurgon, Dominhate, Death On/Off, Eloa Vadaath, Darisam, Discordance, Forsaken Age… Un solido pedigree che lascia intuire come questa nuova creatura nasca già con l’indole del predatore nel dna, come del resto ben evidenziato dalle tre composizioni presenti nel debutto di cui vi andiamo a parlare: un banchetto ben poco sofisticato, ma non per questo meno gustoso, a base di death old school e doom, marciume assortito e atmosfere sulfuree, riff pachidermici e growl rabbiosi, improvvise accelerazioni e ritmiche ossessive, una proposta che riunisce in sé le varianti più caustiche dei linguaggi prescelti e le fonde in un amalgama che invischia l’ascoltatore per intrappolarlo all’interno di un paesaggio tanto ricco di dettagli quanto coeso nella visione d’insieme. Basta del resto ascoltare bene “Staring At The Candlelight” per distinguere nei dettagli il lavoro di cesello che si annida sotto la coltre e affiora quasi impercettibile dal flusso monolitico del pezzo. Proprio queste finezze nascoste offrono all’ascoltatore un viaggio godibile e fanno pendere la bilancia a favore di questa nuova formazione, sempre in bilico tra passione per determinate sonorità e voglia di offrirne una propria visione “spuria”, inevitabilmente influenzata dal background e dalla storia personale dei musicisti coinvolti.

Forse sono troppo sporchi e marci per piacere ai doomster più raffinati, troppo lenti e sulfurei per piacere ai deathster più esagitati, ma in realtà i Lightpath potrebbero finire per colpire l’interesse di un pubblico più ampio proprio grazie alla loro personale interpretazione del concetto di dannazione in musica, una visione che porta in dono un debutto a fuoco e capace di catturare la nostra curiosità. Attendiamo di testarli dal vivo e di vedere come evolveranno le cose. Per ora thumbs up!