LIGHTNING BOLT + THE BODY + SEX SWING, 7/5/2018

Londra, The Garage.

Zona nord di Londra, quartiere Highbury, lo stadio dell’Arsenal a due passi. Se riusciamo ad attraversare la strada senza farci mettere sotto (c’era scritto look right diamine!) arriviamo al The Garage. È lì che stasera suoneranno i Lightning Bolt!
Avevamo lasciato Brian Chippendale e Brian Gibson al concerto di Villa Ada due anni fa, e non molto è cambiato da allora: l’ultimo lavoro è ancora Fantasy Empire. Ma quando il duo di Providence viene in Europa, conviene non lasciarsi sfuggire l’occasione. Anche in Inghilterra lo sanno e il concerto è sold out da diverso tempo.

Ci sono anche due gruppi spalla da non trascurare. I primi a salire sul palco, verso le 7 e mezza, sono i Sex Swing. La voce alla Ian Curtis sembra immettere la band su coordinate post-punk, ma in realtà i londinesi propongono un kraut-rock nervoso e spedito, segnato da un sax abrasivo e da un chitarrista che picchia sodo. Esistono da tre anni ma nessuno dei musicisti è alle prime armi e si sente (ci sono membri dei Mugstar, dei Part Chimp e addirittura degli Earth!). Riescono a coinvolgere con giri ripetuti e ipnotici che vanno poi ad infrangersi sul rumorismo del sassofono. Ancora non sono conosciuti da noi, non perdiamoli di vista.

Tra una birra e l’altra, è il momento dei The Body. Il duo americano (ma quanti duo ci sono oggigiorno?!) è come minimo chiacchierato, vista la presunta passione per le armi e per i suicidi di massa, unita a una visione politica radicale. Realtà o strategia promozionale? La cinghia della chitarra di Chip con sopra il simbolo del Tao rischia poi di gettarci ancora più in confusione, perciò ci concentriamo sulla musica. Su disco stanno sperimentando tantissimo con l’elettronica, come si può sentire anche dalle tracce in preview dell’lp I Have Fought Against It, But I Can’t Any Longer, in uscita in questi giorni, però il live è ancora alla vecchia maniera: un muro di suono, un vero e proprio assedio stench/doom, con batteria e chitarra ultrasatura che coprono le urla da uccello rapace di Chip. Pochi fronzoli, le canzoni si susseguono veloci. La disperazione e la cupezza sul palco diventano pura energia.

Energia è anche la parola perfetta per descrivere i Lightning Bolt. Chippendale indossa la solita maschera d.i.y. con microfono incorporato, qualche commento sul caldo bestiale, e si parte (28 gradi a Londra a inizio maggio senza una nuvola, difficile non pensare che sia un segno dell’apocalisse). Non suonano più in mezzo al pubblico come facevano fino a qualche anno fa, ma i loro concerti sono ancora una scarica di adrenalina pura anche dal palco. Attaccano con “The Metal East” e parte subito forte anche il pogo. La direzione è quella intrapresa con l’ultimo album: un suono un po’ meno lo-fi, ovverosia un basso più definito che indugia in qualche scala in più. Ma stare dietro alle cavalcate di Chippendale rischia comunque di trascinare ai limiti della follia. Anche lui fa un po’ fatica a stare dietro a se stesso, si stira spesso le gambe e cambia una quantità allucinante di bacchette. Colpisce sempre quanto i due Brian siano uno l’alter ego dell’altro: tanto è scalmanato il batterista, quanto è schivo il bassista, che se ne sta composto anche quando intorno a lui c’è l’inferno. Si susseguono le canzoni, la maggior parte tratte da Fantasy Empire ma anche dai dischi precedenti, e fanno capolino un paio di pezzi nuovi, così alla fine Lightning Bolt avranno suonato per un’ora abbondante.

Nonostante i grandi restringimenti alla nostra libertà, che si concretizzano nelle perquisizioni prima del concerto, nel divieto di uscire se non per poco tempo in una minuscola area fumatori, nei prezzi esagerati, la musica riesce ancora a farci stare bene. Ce ne andiamo con l’udito dimezzato e le magliette bagnate.